La mia Terra di Mezzo

Tra un fonendo ed una tazza, scorre la mia Terra di Mezzo, il mio presente.....Le porte? Si possono aprire, spalancare sul mondo, ma si possono anche chiudere, per custodire preziosi silenzi e recondite preghiere....





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giovedì 25 agosto 2016

Il cuore dell'Italia

La terra di san Benedetto e santa Scolastica, san Francesco e santa Chiara, è stata devastata dal terremoto. E' il cuore dell'Italia. Un grande cuore ricco di storia, cultura, arte e fede. Un cuore che appartiene a tutti gli Italiani e che tanti turisti amano e apprezzano. Il Signore, nelle cui mani è la storia del mondo, abbia pietà e misericordia di tutti.


venerdì 12 agosto 2016

Il mare di Joaquín Sorolla y Bastida

Joaquín Sorolla y Bastida nasce a Valencia in Spagna il 27 febbraio 1863.  E' annoverato fra i rinnovatori della pittura spagnola in chiave impressionista ed è anche uno tra i più prolifici, avendo un catalogo con più di 2.200 opere. Rimasto orfano di entrambi i genitori a soli due anni d'età viene allevato nella famiglia di una zia materna insieme alla sorella Eugenia. Nel 1888 sposa Clotilde García del Castillo, sorella di Juan Antonio García del Castillo, che aveva conosciuto quando frequentava l'Accademia di San Carlo. La coppia visse per un anno in Italia, ad Assisi, nel 1889 si stabilì a Madrid dove il pittore ebbe modo di potersi affermare.
Viaggiò molto in Inghilterra, Francia e in altri paesi europei facendo conoscere le sue opere.
Muore improvvisamente il 10 agosto del 1923 nella sua casa di Cercedilla, mentre sta dipingendo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

giovedì 11 agosto 2016

Santa Chiara ed i Saraceni

(...)Al tempo della santa venivano chiamati saraceni, (termine utilizzato a partire dal II secolo d.C. sino a tutto il Medioevo) i popoli provenienti dalla penisola araba o, per estensione, di religione musulmana.
 
In Italia i saraceni compirono, per secoli, diverse incursioni prima nel Sud, conquistando la Sicilia, poi nel Nord Occidente, con base in Provenza (nel 906 saccheggiarono e distrussero l’Abbazia della Novalesa). Con le loro violente e sanguinarie scorrerie giunsero anche ad Assisi. Fu proprio Madre Chiara (1193/1194-1253) a fermarli. (...)
Aveva circa 47 anni quando i saraceni insidiarono Assisi e il suo monastero. Non surrogato femminista, come molte suore odierne, Madre Chiara si pose a difesa con Cristo della sua amata città, sprovvista di valide difese. Federico II, Imperatore del Sacro Romano Impero e Re di Sicilia, aveva mosso guerra contro la Chiesa, spingendo le sue soldataglie all’invasione delle terre pontificie, chiedendo ausilio ai più fieri nemici della cristianità, i saraceni appunto. Ne assoldò circa 20 mila, donando loro la città di Lucera, nel regno di Napoli e da quella base partirono per continue scorrerie, saccheggiando, distruggendo, incendiando città e castelli,  compiendo sacrilegi e profanazioni nelle chiese e nei monasteri, uccidendo e facendo prigionieri.
 
Un venerdì del settembre 1240 scalarono le mura del monastero di Santa Chiara e le suore, lascia scritto Tommaso da Celano: «Corsero a santa Chiara che era gravemente inferma e, con molte lacrime, le dissero come quella gente pessima avevano rotte le porte del monastero. Ed essa le confortava che non temessero […] ma armate di fede ricorressero a Gesù Cristo. E giacendo santa Chiara sulla paglia, inferma, si fece portare una cassettina d’avorio dove era il Santo Corpo di Cristo consacrato e si fece portare incontro a quella mala gente. E orando devotamente […] “Pregoti, Signor mio, che ti piaccia che queste tue poverelle serve, le quali tu, Signore, hai nutricate sotto la mia cura, che non mi siano tolte né tratte di mano, acciò che non vengano nelle mani e alla crudeltà di questi infedeli e pagani; onde pregoti, Signor mio, che tu le guardi, che io senza di te guardarle non posso e massimamente ora in questo amaro punto”. A questo priego, dalla cassettina che aveva dinnanzi reverentemente, si uscì una voce, come di fanciullo e, udendola tutte le suore, disse: “Io per tuo amore guarderò te e loro sempre[…]». (Vita di santa Chiara vergine, Opusc. I,21-22, in FF 3201, pp. 1915-1916).
I mercenari islamici fuggirono precipitosamente dal monastero, respinti dalla potenza di una forza invisibile. E di lì a poco lasciarono Assisi. Tuttavia, nel 1241 l’Imperatore, scomunicato da Gregorio IX, non tollerando la sottomissione di Assisi al romano Pontefice, organizzò una nuova spedizione. Quando il pericolo fu imminente santa Chiara chiamò le consorelle: ordinò un giorno di digiuno, dopo il quale le invitò a cospargersi il capo di cenere e a prostrarsi con lei davanti al tabernacolo. La mattina del 22 giugno un forte temporale portò lo scompiglio nell’accampamento degli assedianti, costringendoli ad una nuova fuga.
 
Santa Chiara difese Cristo, il monastero, la sua città con l’arma della Fede e con il Corpo di Nostro Signore. Catturata a Cristo grazie a san Francesco, abbandonò tutte le offerte terrene per vivere con sorella Povertà e unirsi al Crocifisso per guadagnare la salvezza di molti. Votata unicamente a Dio, si lasciò guidare da un’unica ricchezza, la Trinità, e non ebbe stima per nessun’altra religione che non fosse quella cattolica.
 
(Cristina Siccardi)
 
Il testo è tratto da CorrispondenzaRomana

mercoledì 10 agosto 2016

Una religione di pace?

Dopo  ogni atto violento perpetrato da musulmani ai danni degli 'infedeli' si continua a ripetere, fino alla nausea, che l'islam è una religione di pace. 
 
Etimologicamente la parola “islam”, vuol dire “sottomissione”, deriva dalla radice “salam”, che, appunto, vuol dire “pace”.
 
Ma cosa intende l’islam con la parola “pace”? Cosa vuol dire questa parola per l'islam?
 
Quando l'intera società umana senza distinzioni di sorta sarà sottomessa a un governo che applica in tutto e per tutto la legge sociale divina e perfetta rivelata attraverso Maometto, cioè la Sharia, allora ci sarà grande pace. L'islam ci offre la pace attraverso la sharia, la sottomissione: ecco il significato della pace nell'islam. Dunque, secondo i musulmani, solo la conversione all'islam del mondo intero porterebbe ad una pace duratura e vera, perché la società corrotta non esisterebbe più, così come verrebbero eliminate diseguaglianza, ingiustizia, odio e invidia. Questo perché la sharia è la legge perfetta consegnata da dio al profeta per governare perfettamente tutta la società umana, che se fosse sottomessa a questa legge perfetta, non ci sarebbe più infelicità sulla faccia della terra. Vivremmo già qui in un paradiso terrestre.

In questo, sì, l’islam è proprio una religione di pace per raggiungere la quale non si esita a versare sangue sgozzando come bestie gli esseri umani!

martedì 9 agosto 2016

Il mare di Francesco Nesi

Francesco Nesi è nato in Toscana a San Casciano Val di Pesa, il 30 settembre del 1952, attualmente vive e lavora a Tavarnelle Val di Pesa.
“… E’ un pittore autodidatta. Il suo amore per l’arte lo ha spinto a dipingere sempre, e nel tempo la sua dedizione si è tradotta in un vero e proprio impegno, dove la passione può finalmente prendere spazio e tempo totale. Così è diventato un vero e proprio lavoro, e Nesi è un pittore a pieno titolo.
Il messaggio di questo excursus è chiaro e irrefrenabile: ogni sogno nel cassetto deve essere realizzato, per amore della nostra vita. Così questo sogno permea tutta la creazione pittorica di Francesco, la dimensione toscana è congeniale, le colline morbide arcobaleniche sono un humus essenziale. Da questo terreno così ben fecondato, nasce un albero fantastico da dove si diramano personaggi tra il trasognato e l’ironico, volanti e svolazzanti, colori vivaci e movimentati, colline, sogni, venti e tutto ciò che compone l’atmosfera nesiana.
Non è solo la docile natura toscana che costituisce il backgound dell’artista, ma c’è insieme tutta la cultura che questa terra trasmette. Il Medioevo, il Rinascimento di Firenze non possono lasciare indifferenti; il Ponte Vecchio, il Palazzo della Signoria, il Duomo sono da Nesi rivisitati con la sua personale sensibilità, in un’ottica talvolta squisitamente deformante.
Le sue opere sono sempre apprezzate per l’armonia del colore e la sapiente costruzione del paesaggio che accoglie le sue figure.
Ad una prima lettura sembra di facile interpretazione, ma non lo è affatto. I suoi personaggi a volte sono interpreti di un sogno felice, ma a volte esprimono anche una ricerca ai tanti punti interrogativi della vita.
Comunque nelle sue opere troviamo sempre un messaggio piacevolmente incoraggiante e spesso anche ironico e scherzoso…”
 
 
 
 

sabato 6 agosto 2016

6 agosto 1456 e 1458

 
Con l’affermarsi dell’Islam, con la caduta di Costantinopoli del 1453 e con la sostanziale fine dell’Impero Romano d’Oriente, la Chiesa e gli Stati europei vacillarono: Mehmed II, che già controllava i principali traffici marittimi sulla Grecia, Serbia e Rodi, si accingeva a occupare l’Ungheria avendo come primo obiettivo lo sfondamento di Belgrado, città di confine.
 
Sotto la guida del Gran Visir Calhil, egli aveva assimilato l’arte della guerra seguendo in campo il padre, fin dall’età di dodici anni: era arrogante, deciso e coltissimo; tuttavia aveva fallito nella sua prima campagna orientale e l’accanito obiettivo egemone si era risolto in una seconda sconfitta che l’aveva distratto dal controllo dei territori di frontiera.
Murad II lo aveva esiliato e aveva riassunto la guida del Regno ma, alla sua morte, il figlio gli successe vagheggiando ancora di prendere Costantinopoli: il 5 aprile del 1453 si era portato sotto le mura della cruciale città, alla testa di centocinquantamila uomini supportati da una Flotta di trecentocinquanta navi armate da sessantanove cannoni.
Il successivo 29, concentrate forze di terra e di mare, aveva preso la roccaforte occupata da Costantino XI e instaurato il proprio dominio: dalla prestigiosa capitale era partito per conquistare il Mediterraneo, lo Ionio e l’Adriatico e aprirsi un varco in Occidente.
I suoi più agguerriti nemici erano il Papa Callisto III, che promuovendo una Crociata, si era impegnato a disfarsi di ogni tesoro e privilegio pur di contenere l’avanzata della Mezzaluna, e il coraggioso Janòs Hunyadi, di discendenza székely; ma, nel contesto degli eventi sarebbero spiccati anche Giovanni da Capestrano, il Cardinale Juan Carvajal e i Missionari Giovanni da Tagliacozzo e Niccolò da Fara.
L'assedio (di Belgrado), trasformatosi in una battaglia di enorme portata, terminò con una irruzione nel campo turco e con la ritirata del Sultano ferito.
A sostegno della preghiera per il felice esito della campagna, il Papa ordinò la Campana di Mezzogiorno.
 
Inoltre, proprio grazie a questa vittoria e a perenne memoria, la Santa Chiesa celebra oggi la festa della TRASFIGURAZIONE DI GESU'. Una vittoria ottenuta da tutta la Cristianità Europea, nel 1456 a Belgrado, contro i Turchi, di cui arrivò notizia a Roma, al Papa Callisto III proprio il giorno 6 agosto dello stesso anno, esattamente 560 anni fa.
 
 
Papa Callisto III, al secolo Alfonso de Borja y Cabanilles nasce in Spagna a Xàtiva (Valencia) il 31 dicembre 1378 e muore a Roma il 6 agosto 1458 (esattamente 558 anni fa); è stato il 209° vescovo di Roma e papa dal 1455 alla morte. E' stato colui che riabilitò santa Giovanna d'Arco, ordinando un nuovo processo, in seguito al quale venne scagionata dalle accuse di eresia.

Musulmani a Messa /3

Il card. Angelo Bagnasco (Presidente della Conferenza Episcopale Italiana- CEI) ha detto, giorni fa, dopo il terribile assassinio di Padre Jacques Hamel nella chiesa di Saint Etienne a Rouen in Francia, che avere i musulmani a Messa è un evento 'enorme'!
 
Ecco cos'ha detto a tal proposito Mons. Antonio Livi:
 
(...) Di “enorme” in questa uscita del portavoce, c’è solo l’insensatezza (che spero non sia davvero di tutta intera la Conferenza Episcopale Italiana) e la stupidità di esprimersi in questo modo di fronte a eventi come quello di cui si sta parlando. Queste dichiarazioni rispondono evidentemente al dettato di una legge non scritta, ma rigorosamente applicata all’unisono da tutti i poteri forti del nostro mondo occidentale, siano essi poteri ecclesiastici che civili (politica, finanza, informazione).
La legge è che non bisogna condannare nulla, ma proprio nulla, se la condanna deve mettere in cattiva luce la religione dell’islam, senza troppo distinguere tra islam considerato moderato e il cosiddetto islam radicalizzato, e senza sottilizzare troppo sulle intenzioni di guerra santa professate dall’autoproclamato Stato islamico. Non bisogna parlare male dell’islam e non bisogna presentare le vittime cristiane dell’islam come vittime e/o come  cristiane. Bisogna parlare d’altro. Meglio tornare a parlare un’altra volta, come da anni, dell’uguaglianza di tutte le religioni, che sono tutte per la pace e non usano mai la violenza per imporsi le une sulle altre. In questa linea di retorica pacifista, l’idea di invitate i musulmani a Messa costituisce una trovata geniale. Così almeno dice (non so se lo pensa davvero) il portavoce della Cei.
Ma c’è un problema. Oltre alla responsabilità istituzionale che obbliga in un certo grado ed entro certi limiti la Chiesa gerarchica a occuparsi di diplomazia inter-religiosa (buon vicinato, rispetto incondizionato per l’altro, silenzio sulle colpe altrui e richiesta di perdono per la proprie colpe, vere o presunte che siano, non importa), c’è anche – ed è la più importante, anzi è quella essenziale, tanto che se manca quella non c’è proprio più Chiesa – la responsabilità di dare a Cristo Gesù, realmente presente «in corpo, sangue, anima e divinità» nell’Eucaristia, il dovuto culto adorazione.
Nelle chiese cattoliche questo culto si dà con la santa Messa e con la “riserva” eucaristica  nel Tabernacolo.
 
Per questo le chiese cattoliche non sono un semplice luogo di incontro della comunità, e quindi non sono qualcosa di analogo alle sinagoghe e alle moschee: sono – in senso proprio, cioè in senso teologico e soprannaturale – la “casa di Dio”.
Sono un “luogo sacro”, e la profanazione di un luogo sacro è un orrendo peccato agli occhi di Dio, perché è esattamente il contrario di ciò che Dio ordina nel primo comandamento del Decalogo.
 
Anche il sacerdote cattolico è una “persona sacra”, come la Chiesa ha sempre riconosciuto; è una “persona sacra” per effetto della consacrazione sacerdotale ricevuta nel momento in cui un vescovo gli ha conferito il sacramento dell’Ordine, che imprime nell’anima del soggetto un “carattere” indelebile, come il Battesimo.
E’ vero che il mondo contemporaneo è dominato, nella sua cultura apparentemente egemone, dall’ideologia del secolarismo e dal processo sociale della secolarizzazione, quindi anche dalla smania di dimenticare, anzi di rimuovere ogni forma di presenza del Sacro. E’ vero che molti pensatori protestanti (a cominciare da Paul Tillich) pretendono che anche i cristiani di oggi sappiano accettare la secolarizzazione come un fatto positivo, che addirittura risponderebbe al messaggio cristiano originario; è vero che Martin Lutero ha abolito il sacramento dell’Ordine sacro e che per i luterani i preti cattolici, considerati alla stregua dei “pastori” protestanti, non hanno alcun carattere sacro.
Ma tutto ciò non toglie che la nostra condizione di cattolici ci impone in termini assoluti (cioè, non in termini relativi a qualche convenienza politica del momento) di professare in ogni luogo e in ogni tempo la nostra santa fede, il cui nucleo fondamentale è il mistero della Santissima Trinità e il mistero dell’Incarnazione del Verbo, che è Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo.
 
Professare questi misteri della fede non è compatibile con l’invito, rivolto ai musulmani, di riunirsi con i  cattolici nelle chiese cattoliche per manifestare i propri sentimenti di pace.
Fare opera di pacificazione, di perdono e di ricerca di un’intesa su qualche valore condivisibile è legittimo, anzi doveroso, in quanto corrisponde a quel dialogo inter-religioso che è stato promosso dal Vaticano II con il decreto 'Nostra Aetate'. Ma fare questa opera di pacificazione nel modo che è stato ora prospettato è assurdo. E’ un «gesto enorme», nel senso che è un’enorme (e abnorme) testimonianza di fede al contrario. Alla fine risulta una vera e propria profanazione, la seconda per quanto riguarda la chiesa di Saint Etienne a Rouen, già orribilmente profanata dall’assassinio rituale di un sacerdote cattolico mentre celebrava la Santa Messa.
E’ inutile far finta di non sapere (lo sanno tutti) che i musulmani che si vogliono invitare a partecipare alla santa Messa professano una fede religiosa che è non solo diversa ma esplicitamente contraria alla fede cattolica. I musulmani non accettano in alcun modo quelli che sono i fondamentali misteri della fede cattolica che nella Messa si celebrano, anzi, li considerano bestemmie contro l’unico Dio, e sono sempre in qualche modo ostili a noi che siamo, ai loro occhi, gli infedeli, gli idolatri.
Che cosa si spera dunque di ottenere dall’ingresso dei musulmani nelle nostre chiese quando viene celebrata la Messa? Nessuno di loro penserà di entrare in luogo sacro, dove si svolge una funzione sacra e si adora il vero Dio in tre Persone, dove si celebra sacramentalmente il sacrificio redentore del Figlio di Dio per la remissione dei nostri peccati. Nessuno di loro, entrando in chiesa, si farà il segno della Croce con l’acqua benedetta (un sacramentale che prepara i fedeli all’atto penitenziale e alla degna ricezione dei sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia). Nessuno di loro si inginocchierà al momento della consacrazione per adorare il Santissimo Sacramento dell’Altare. Soprattutto, nessuno di loro ascolterà l’omelia del sacerdote celebrata come commento liturgico al Vangelo di Gesù Cristo proclamato nella Messa: al massimo, la potranno considerare come qualcosa di analogo (e di contrario) ai sermoni del loro imam.
A che pro tutto questo? Per il bene del dialogo inter-religioso? Per la pace nel mondo? Sono tutti risultati che corrispondono a una pia illusione irenista.
 
Quello che realmente ne risulterà è un’empia profanazione della Santa Messa, del luogo sacro dove essa viene celebrata e della persona sacra del celebrante, che sull’altare è Cristo stesso, in quanto presta la voce e i gesti a Cristo sommo ed eterno Sacerdote, che si fa Vittima perla nostra salvezza.
 
E se qualcuno, leggendo queste poche righe, penserà che qui si dà troppa importanza al dogma e che quello che conta è la pastorale e l’azione ecumenica, ebbene, sappia che è vittima di accecamento prodotto dalla falsa teologia e dai cattivi pastori.
 
La fede della Chiesa è quella che ho ricordato; nessun Concilio e nessun papa l’ha voluta cambiare, né avrebbe potuto. E sappia che nessuna pastorale e nessuna iniziativa ecumenica raggiunge i suoi veri scopi se ignora o contraddice il dogma.
 
 
Per leggere gli interventi di Mons. A. Livi vai su FidesetRatio

venerdì 5 agosto 2016

Musulmani a Messa /2


Dichiarazione di don Nicola Bux circa le affermazioni del card. Bagnasco riguardo alla c.d. preghiera degli imam nelle chiese cattoliche
 
A proposito delle dichiarazioni, apparse sulla stampa, di S. Em.za il card. Bagnasco, Presidente della CEI, riguardo al gesto di alcuni esponenti musulmani (pochissimi in realtà) di “partecipare” alle Sante Messe della scorsa Domenica 31 luglio, secondo il quale si tratterebbe di un “gesto enorme”, “sostegno cruciale” per isolare i terroristi e che sarebbero incomprensibili – a suo modo di vedere – le critiche dei cattolici agli imam in chiesa, rispettosamente faccio presente che il fatto si configura come violazione della communicatio in sacris (v. can. 844 c.i.c.). Essa, si ricorda, è consentita, a determinate condizioni e con molte cautele, ai cattolici solo con i cristiani ortodossi e con gli evangelici, secondo le disposizioni del Direttorio Ecumenico del 1993 (cfr. nn. 122-128 circa la Condivisione di vita sacramentale con i membri delle varie Chiese orientali; nn. 129-136 circa la Condivisione di vita sacramentale con i cristiani di altre Chiese e comunità ecclesiali).
In nessun caso ciò è consentito con i non cristiani.
Peraltro, è il caso di richiamare l’Istruzione Redemptionis sacramentum del 2004 ed in special modo i nn. 78 e 79, che sembrano fare al nostro caso, quasi con previsione “profetica”:
[78.] Non è lecito collegare la celebrazione della Messa con eventi politici o mondani o con circostanze che non rispondano pienamente al Magistero della Chiesa cattolica. Si deve, inoltre, evitare del tutto di celebrare la Messa per puro desiderio di ostentazione o di celebrarla secondo lo stile di altre cerimonie, tanto più se profane, per non svuotare il significato autentico dell’Eucaristia.
[79.] Infine, va considerato nel modo più severo l’abuso di introdurre nella celebrazione della santa Messa elementi contrastanti con le prescrizioni dei libri liturgici, desumendoli dai riti di altre religioni.
Vorrei ricordare, ancora, sempre in maniera rispettosa, al Presidente della CEI quanto stabilito in apposita Nota per gli Orientamenti Pastorali della Commissione Episcopale per le Migrazioni e il turismo della CEI il 4 ottobre 1993, dal titolo “Ero forestiero e mi avete ospitato”. In questo documento, all’art. 34, in merito a “L’incontro con l’Islam”, si statuiva:
«le comunità cristiane, per evitare inutili fraintendimenti e confusioni pericolose, non devono mettere a disposizione, per incontri religiosi di fedi non cristiane, chiese, cappelle e locali riservati al culto cattolico, come pure ambienti destinati alle attività parrocchiali».
Tali Orientamenti non mi risulta siano stati revocati dalla CEI!
In termini pressoché identici si esprimeva l’allora Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Card. Stephen Fumio, nella sua introduzione alla XVI Assemblea plenaria del Dicastero vaticano, svoltasi nel dicembre 2004:
«Ad evitare fraintendimenti e confusioni, considerate le diversità che reciprocamente riconosciamo per rispetto ai propri luoghi sacri ed anche alla religione dell’altro, non riteniamo opportuno che quelli cristiani – chiese, cappelle, luoghi di culto, locali riservati alle attività specifiche dell’evangelizzazione e della pastorale – siano messi a disposizione di appartenenti a religioni non cristiane, né tanto meno che essi siano usati per ottenere accoglienza di rivendicazioni rivolte alle autorità pubbliche».
Nello stesso senso erano pure le indicazione dei Vescovi, Circolare n. 32, 10 maggio 2002, a cura del “Comitato per gli enti ed i beni ecclesiastici - sez. I” della CEI, intitolata “Cessioni di locali e spazi pastorali a terzi per uso diverso”, che ribadivano come la piena disponibilità di immobili e spazi destinati a uso pastorale dovessero essere vincolati alle attività di culto e di religione (sottinteso cattolica).
Ricordo anche le dichiarazioni dell'ex Segretario della CEI, S. Ecc.za mons. Betori – oggi cardinale arcivescovo di Firenze – nel 2008, riguardo ad un fatto di cronaca verificatosi all’epoca: «Quando un parroco presta i locali della parrocchia deve sapere che in quel momento aliena quello spazio alla religione cattolica e lo affida per sempre all’Islam, … le moschee non sono un luogo di culto, ma luoghi di preghiera e di formazione».
A questo punto, mi auguro che si sia trattata di una dimenticanza di S. Eminenza Bagnasco.
Va anche aggiunto, ad onor del vero, che in chiesa l’accesso è permesso a chiunque voglia accostarsi alla conoscenza del Mistero cristiano: nondimeno va rammentato che tale accesso, la Chiesa lo ha sottoposto da sempre all’itinerario catecumenale e dell’iniziazione cristiana, vigilato, un tempo, dal ministero degli Ostiari.
Quanto alla proclamazione di versetti di altri libri, ritenuti sacri dagli adepti delle altre religioni, ma non dalla Chiesa cattolica, ciò implica un andare contro la funzione del Tempio cristiano, che, come noto, viene dedicato con rito solenne. Questo configura una vera e propria profanazione! Per dimostrare la solidarietà non si deve usare la Casa di Dio, ma una piazza o altri ambienti non cattolici o, comunque, dedicati al culto.
Con riferimento, infine, alla distribuzione, pare al momento della Comunione, di un pane, non si sa bene se benedetto o meno, e comunque non consacrato, che ricorda l’Antídōron dei bizantini, non pare che possa avere come destinatari i non cristiani. A questo proposito, gli Orientali sono particolarmente attenti ad evitare fraintendimenti.
Si dovrebbe, infine, sapere che i musulmani sono convinti di essere la vera religione e di non dover perdere alcuna occasione per “correggere”, quelli che essi definiscono “appartenenti alle religioni del Libro”, ossia ebrei e cristiani, che avrebbero deviato dall’autentica fede – l’islam appunto.
 
Non a caso, l’imam a Bari, nella Cattedrale di Bari, ha recitato la prima sura del corano, detta Al-Fâtiha, l’Aprente, nella quale si stigmatizza, appunto, gli ebrei ed i cristiani, rei di essere, agli occhi dei musulmani, miscredenti.
 
Tra l’altro, a quanto mi risulta, è la stessa sura che viene recitata nel momento in cui vengono sgozzati i cristiani: così è stato, se non erro, in occasione dello sgozzamento dei 21 martiri copti uccisi dall’Isis.
Lo stesso imam barese, peraltro, pochi giorni fa, in diretta TV, parlando ad un talk show, affermava: «l’Italia è casa mia. Sono qui per rieducare e purificare gli italiani».
Entrare nelle chiese cristiane, dunque, ha almeno per i loro imam il senso di indottrinamento per ricondurre dall’«errore» i cristiani, i quali vi sarebbero caduti falsificando le Scritture!
A mio modesto avviso si è trattata di un’iniziativa, dunque, dal dubbio significato, tanto più che ha interessato in Italia ed in Francia, in entrambi i casi, meno del 2% dei musulmani presenti in queste nazioni! A ciò si aggiunga la buona dose di ipocrisia che siffatte iniziative hanno comportato. Basti solo pensare alle spalle rivolte dai musulmani, nella Basilica romana di Santa Maria in Trastevere, alla lettura dei Vangelo! A ragione, quindi, l’imam di Lecce ha parlato di gesto sensazionalista, ipocrita e sincretista. Il rispetto non lo si instaura perdendo la propria identità. E soprattutto la propria fede.
Spero infine che S. Eminenza chiarisca una buona volta un punto equivocato in questi tempi e cioè che figli di Dio si diventa con il Battesimo, e non con la nascita biologica; pertanto, non si può affermare, come avanzato da alcune parti, che tutti gli uomini, e quindi anche i musulmani, siano figli di Dio, perché sarebbe come dichiarare l’inutilità del Battesimo.
Con deferenza
in Domino Iesu
don Nicola Bux
Bari, 4 agosto 2016, S. Giovanni M. Vianney
Fonte :
Scuola Ecclesia Mater

Musulmani a Messa

(di Roberto de Mattei su Il Tempo del 03-08-2016)
 
Il presidente della Conferenza Episcopale Italiana Angelo Bagnasco ha criticato quei cattolici che si sono mostrati sconcertati e in molti casi indignati, per l’invito ai musulmani di pregare, domenica 31 luglio, nelle chiese italiane: «Veramente non capisco il motivo – ha detto –.  Il motivo non mi sembra proprio esistente».
A suo dire l’adesione di migliaia di musulmani alla preghiera davanti all’altare vuole essere «una parola di condanna e una presa di distanza assoluta, da parte di chi, musulmani ma non solo, non accetta alcuna forma di violenza».
 
In realtà come ha osservato monsignor Antonio Livi, sul sito La nuova Bussola quotidiana, la partecipazione dei musulmani alle cerimonie liturgiche, in Italia e in Francia, è stato un atto al tempo stesso, sacrilego e insensato.
Sacrilego perché le chiese cattoliche, al contrario delle moschee, non sono centri di conferenze o di propaganda, ma luoghi sacri, dove si rende il dovuto culto di adorazione a Gesù Cristo, realmente presente «in corpo, sangue, anima e divinità» nell’Eucaristia. Se si giudicava necessario un incontro per condannare la violenza, quest’atto politico poteva avvenire da qualsiasi altra parte, ma non nella casa di Dio che, per il Papa e i vescovi italiani, non può che essere l’unico vero Dio in tre Persone, combattuto nel corso dei secoli, manu militari, dall’Islam.
A Roma, nella Basilica di Santa Maria in Trastevere dov’erano seduti in prima fila tre imam della Capitale, due di loro, Ben Mohamed Mohamed e Sami Salem, hanno parlato dal pulpito citando più volte il Corano, però hanno dato le spalle al Vangelo durante l’Omelia, bisbigliando una preghiera musulmana, mentre i cattolici recitavano il Credo
 
Nella cattedrale di Bari il cosiddetto Imam Sharif Lorenzini, ha recitato in arabo la prima Sura del Corano che condanna la miscredenza dei cristiani con queste parole: «Mostraci la retta via, la via di coloro che tu hai favorito, non (la via) di coloro che guadagnano la tua ira, né quella di coloro che hanno deviato».
Ciò che è avvenuto è anche un atto senza ragione, proprio perché non c’è alcun motivo per cui i musulmani debbano essere invitati a pregare e a tenere sermoni in una chiesa cattolica. L’iniziativa dei vescovi italiani e francesi lascia credere che l’Islam, in quanto tale, sia privo di ogni responsabilità, nella strategia del terrore, come se non fosse in nome del Corano che musulmani fanatici ma coerenti massacrano i cristiani nel mondo. Negare, come Papa Francesco, che quella in atto sia una guerra religiosa, è come se si fosse negato che negli anni Settanta i brigatisti rossi conducessero una guerra politica contro lo Stato italiano.
Il movente dei terroristi dell’Isis è religioso e ideologico e trae pretesto da un certo numero di versetti del Corano.
 
In nome del Corano decine di migliaia di cattolici sono perseguitati in tutto il mondo, dal Medio oriente, alla Nigeria, all’Indonesia.
 
Mentre il nuovo numero di Dabiq, la rivista ufficiale del Califfato invita i propri militanti a distruggere la Croce e ad uccidere i cristiani, la CEI libera la religione maomettana da ogni responsabilità, addossando a pochi estremisti i massacri degli ultimi mesi. È vero esattamente il contrario: è solo una minoranza (23.000 su oltre 2 milioni di islamici ufficialmente registrati) il numero dei musulmani che hanno aderito alla dissennata iniziativa promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana.
Come dar torto alla maggioranza che ha respinto l’invito al mittente, accusando di ipocrisia coloro che lo hanno accettato? Perché i musulmani, che professano una fede religiosa non solo diversa ma antitetica alla fede cattolica dovrebbero andare a pregare e a predicare in una chiesa cattolica o dovrebbero invitare i cattolici a predicare e pregare nelle loro moschee?
 
Ciò che è avvenuto il 31 luglio è, sotto tutti gli aspetti, una grave offesa sia alla fede che alla ragione.
(Roberto de Mattei)
 

giovedì 4 agosto 2016

4 agosto 1716....se volemo avere vittoria!

Una data da ricordare per lo scampato pericolo che incombeva sull'Italia: l'invasione dei Turchi! A distanza di qualche secolo, purtroppo, la minaccia islamica incombe di nuovo sull'Italia e sull'Europa, ma mentre i nostri avi seppero ascoltare la voce del Signore che parlava attraverso la Vergine Maria, noi, popolo di dura cervice, preferiamo ascoltare altre voci e nasconderci sotto la coltre del politicamente ed islamicamente corretto che, in questo periodo di eclissi della ragione e della fede, ci livella, allinea ed asserve all'unico pensiero debole che domina e spadroneggia nelle menti soprattutto dei politici di quasi tutta Europa. Il risultato, visibile e sotto gli occhi di tutti è un desolante vuoto riempito dal nulla dell'insulsaggine e delle sciocchezze.
 
Ritornando al 4 agosto di trecento anni fa scopriamo che la Madonna apparve, nell'Isola di Pellestrina (Venezia) ad un ragazzo di nome Natalino Scarpa e che gli disse di andare dal parroco per riferirgli che avrebbe dovuto far celebrare delle Sante Messe per le anime dei defunti "se volemo avere vittoria". La Madonna gli parlò in veneto in modo da farsi capire bene, ma di quale vittoria stava parlando? Esattamente della vittoria della Repubblica di Venezia contro i Turchi che invadevano il Mediterraneo e attaccavano le coste dell’Italia, depredando, tagliando gole e costringendo uomini e donne a diventare musulmani. La vittoria pronosticata da Maria e patrocinata dalle Messe che la gente dell’isola di Pellestrina fece subito celebrare, arrivò quando Venezia respinse il 5 agosto 1716 l’esercito dell’Impero ottomano nella battaglia di Petervardino sul Danubio, in Serbia e, quattordici giorni più tardi, quando dopo che la flotta turca, forte di trentamila uomini, aveva sferrato un duro attacco il 18 agosto alla potenza marittima di Venezia per la conquista dell’Adriatico, venne sconfitta a sua volta a Corfù il 19 agosto. 
 
Qui  e qui la storia nel dettaglio.
  

mercoledì 3 agosto 2016

Le vacanze al mare di Leonid Afremov

Leonid Afremov è un pittore impressionista moderno, nato a Vitebsk in Bielorussia, da genitori ebrei, il 12 luglio del 1955.  L'uso della spatola ed i colori ad olio, caldi ed accesi, rendono i suoi quadri, raffiguranti paesaggi, ritratti, scene di vita cittadine e marine, riconoscibili immediatamente, per lo stile ed il tratto unici e inconfondibili. Appassionato d’arte fin da piccolo e incoraggiato dai genitori che ne riconoscono il talento, studia arte e grafica presso la scuola d’Arte di Vitebsk. In questi primi anni di formazione, scopre le opere di  Picasso, Dalì, Chagall (nato anch’egli a Vitebsk) e Modigliani che influenzano le sue prime opere e approccia quella che è una delle correnti pittoriche più famose nel panorama artistico mondiale: l’Impressionismo. Dopo varie peregrinazioni che lo videro emigrare prima in Israele e poi negli Stati Uniti, dal 2010 vive con la moglie ed i due figli in Messico.