La mia Terra di Mezzo

Tra un fonendo ed una tazza, scorre la mia Terra di Mezzo, il mio presente.....Le porte? Si possono aprire, spalancare sul mondo, ma si possono anche chiudere, per custodire preziosi silenzi e recondite preghiere....





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martedì 10 aprile 2018

Galeotta fu la lettera.....

E' una vergognosa pagina in casa cattolica. Una storia intessuta con sotterfugi, falsità, raggiri ed una buona dose di faccia tosta. I personaggi sono diversi, quelli animati, tutti in tonaca, chi bianca chi nera, quelli inanimati parole, lettere e libretti.
 
C'è una collana di undici volumetti di altrettanti autori, finalizzata a "mostrare la profondità delle radici teologiche del pensiero, dei gesti e del ministero di papa Francesco". C'è Monsignor Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la Comunicazione. C'è Jorge Mario Bergoglio, alias Francesco, alias vescovo di Roma. C'è Benedetto XVI, alias papa emerito. C'è una lettera di Viganò a Benedetto XVI in cui si chiede una presentazione dei volumetti, una "breve e densa pagina teologica", elogiandone ovviamente il contenuto.  C'è una lettera di risposta, personale riservata. Che però è un secco no. Benedetto XVI non solo rifiuta di scrivere alcunché, ma dice di non aver letto quei libretti e di non volerli leggere neppure in futuro, anche perché tra i loro autori c'è chi, come il tedesco Peter Hünermann, s'è opposto frontalmente agli ultimi papi, da Paolo VI a lui, nel campo della dottrina morale. QUI  C'è una conferenza di presentazione degli undici volumetti, in cui si legge la lettera di risposta di Benedetto XVI, col diniego. C'è una manovra atta a nascondere parti scomode della famosa lettera. C'è un polverone mediatico. C'è una lettera di dimissioni, di Viganò, senza una minima parola di ravvedimento per l'inaudita macchinazione compiuta alle spalle di Benedetto XVI.
Così che il 17 marzo Viganò è costretto a pubblicare il testo completo della lettera e poi a dimettersi da prefetto della segreteria per le comunicazioni. O meglio, a recitare tale parte, perché il papa non lo congeda affatto, anzi, lo copre di elogi e gli rinnova il mandato di portare a compimento la sua missione, istituendo un assessorato ad hoc. QUI 
Infatti è sempre più evidente che Francesco non ha affatto licenziato o punito monsignor Dario Edoardo Viganò. Al contrario, ne ha confermato e persino rafforzato i poteri, rinnovandogli esplicitamente il mandato di portare presto a termine l'accorpamento di tutti i media vaticani, compreso "L'Osservatore Romano", in un "unico sistema comunicativo" tutto controllato da lui, in filo diretto col papa e finalizzato a curarne l'immagine di pastore esemplare e ora anche di colto teologo. QUI
 
La collana degli undici volumetti è già nelle librerie. Tra gli autori compaiono nomi di spicco del campo teologico progressista, o comunque sostenitori del "cambio di paradigma" messo in moto da Francesco, come gli argentini Carlos Galli e Juan Carlos Scannone, i tedeschi Peter Hünermann e Jürgen Werbick, gli italiani Aristide Fumagalli, Piero Coda, Marinella Perroni e Roberto Repole, il gesuita sloveno Marko Ivan Rupnik, quest'ultimo apprezzato artista oltre che teologo, nonché da qualche tempo direttore spirituale dello stesso Viganò. QUI
 
Ma chi è Peter Hünermann?
 
Di lui, Benedetto VXI scrive nella lettera di risposta a Mons. Viganò, che "partecipò in misura rilevante al rilascio della 'Kölner Erklärung', che, in relazione all'enciclica 'Veritatis splendor', attaccò in modo virulento l'autorità magisteriale del papa specialmente su questioni di teologia morale".
 
In effetti, la "Dichiarazione di Colonia" fu un attacco frontale sferrato nel 1989 da numerosi teologi, in prevalenza tedeschi, contro l'insegnamento di Giovanni Paolo II e del suo prefetto di dottrina Joseph Ratzinger, soprattutto in materia di teologia morale.
 
A far da detonatore di quella protesta fu la nomina ad arcivescovo di Colonia del cardinale Joachim Meisner, lo stesso che nel 2016 è stato tra i firmatari dei "dubia" sottoposti a papa Francesco riguardo ad "Amoris laetitia" e sul quale nel 2017, nel giorno della sua sepoltura, Benedetto XVI ha scritto parole profonde e toccanti.
 
Tra i firmatari della "Dichiarazione di Colonia" c'era il Gotha del progressismo teologico, da Hans Küng a Bernhard Häring, da Edward Schillebeeckx a Johann Baptist Metz. E c'erano due degli autori degli odierni undici volumetti sulla teologia di papa Francesco: Hünermann e Werbick.
 
Alle tesi della "Dichiarazione di Colonia" Giovanni Paolo II reagì nel 1993 con l'enciclica "Veritatis splendor".
La quale però non è mai citata da Francesco in "Amoris laetitia". Mentre viceversa "Amoris laetitia", nei paragrafi 303-305, riprende e fa proprie alcune tesi della "Dichiarazione di Colonia", specie là dove, nel suo terzo e ultimo punto, questa assegna il giudizio nelle scelte morali alla coscienza e alla responsabilità dei singoli.
In quel medesimo terzo punto la "Dichiarazione di Colonia" attacca frontalmente l'enciclica di Paolo VI "Humanae vitae" e rivendica la liceità dei contraccettivi. E anche su questo punto il pontificato di Bergoglio si sta muovendo nella stessa direzione. QUI
 
Hünermann conosce Bergoglio. Lo aveva incontrato a Santa Marta nel maggio del 2015. Ma quella non è stata la prima chiacchierata tra i due. Hünermann e Bergoglio, infatti, si conobbero per la prima volta nel 1968, anno nel quale il teologo tedesco soggiornò a Buenos Aires nel collegio dei gesuiti. I colloqui e gli scambi epistolari intercorsi dopo l’elezione al soglio di Pietro dell’argentino, poi, avrebbero riguardato la necessità di un “cambio di paradigma” teologico. Alla base di “Amoris Laetita”, la discussa esortazione del papa che ha sollevato i dubia di quattro cardinali (Burke, Brandmueller, Caffarra e Meisner) e di larga parte del mondo tradizionalista, ci potrebbe essere proprio una certa visione aperturista promossa da Hünermann e avallata da Bergoglio.
 
Solo un cieco potrebbe dire che tra Hünermann e Bergoglio non esista una perfetta coincidenza teologica. QUI

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