La mia Terra di Mezzo

Tra un fonendo ed una tazza, scorre la mia Terra di Mezzo, il mio presente.....Le porte? Si possono aprire, spalancare sul mondo, ma si possono anche chiudere, per custodire preziosi silenzi e recondite preghiere....





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mercoledì 27 giugno 2018

Pascendi dominici gregis /2

Qui il Santo Padre descrive brevemente la figura di coloro che con le loro idee moderniste cercano di scardinare la verità della fede cattolica dal di dentro della Chiesa, in quanto, come propagatori di eresie e di opinioni azzardate, demoliscono la fede intaccando la radice stessa di questa divina istituzione. Egli non può giudicare le loro intenzioni, il cui vaglio spetta solo a Dio, ma mette in guardia da costoro che con furbizia ed accortezza, superbia ed ostinazione, camuffate con uno stile di vita operoso ed austero, disprezzano l'autorità papale ed il magistero. Il Santo Padre riferisce di aver percorso tutti i gradi di richiamo per riportare sulla retta via della coscienza e del ragionamento tutti costoro che, attentando alla verità cattolica, sono da considerarsi, benché cattolici, come nemici della Chiesa e di Cristo stesso.
 
Pericolo delle dottrine moderniste
 
Fanno le meraviglie costoro perché Noi li annoveriamo fra i nemici della Chiesa; ma non potrà stupirsene chiunque, poste da parte le intenzioni di cui Dio solo è giudice, si faccia ad esaminare le loro dottrine e la loro maniera di parlare e di operare.
 
Per verità non si allontana dal vero chi li ritenga fra i nemici della Chiesa i più dannosi. Imperocché, come già abbiam detto, i lor consigli di distruzione non li agitano costoro al di fuori della Chiesa, ma dentro di essa; ond'è che il pericolo si appiatta quasi nelle vene stesse e nelle viscere di lei, con rovina tanto più certa, quanto essi la conoscono più addentro. Di più, non pongono già la scure ai rami od ai germogli; ma alla radice medesima, cioè alla fede ed alle fibre di lei più profonde.
 
Intaccata poi questa radice della immortalità, continuano a far correre il veleno per tutto l'albero in guisa, che niuna parte risparmiano della cattolica verità, niuna che non cerchino di contaminare.
 
Inoltre, nell'adoperare le loro mille arti per nuocere, niuno li supera di accortezza e di astuzia: giacché la fanno promiscuamente da razionalisti e da cattolici, e ciò con sì fina simulazione da trarre agevolmente in inganno ogni incauto; e poiché sono temerari quanto altri mai, non vi è conseguenza da cui rifuggano e che non ispaccino con animo franco ed imperterrito. Si aggiunga di più, e ciò è acconcissimo a confonder le menti, il menar che essi fanno una vita operosissima, un'assidua e forte applicazione ad ogni fatta di studi, e, il più sovente, la fama di una condotta austera.
 
Finalmente, e questo spegne quasi ogni speranza di guarigione, dalle stesse loro dottrine sono formati al disprezzo di ogni autorità e di ogni freno; e, adagiatisi in una falsa coscienza, si persuadono che sia amore di verità ciò che è infatti superbia ed ostinazione. Sì, sperammo a dir vero di riuscire quando che fosse a richiamar costoro a più savi divisamenti; al qual fine li trattammo dapprima come figli con soavità, passammo poi ad un far severo, e finalmente, benché a malincuore, usammo pure i pubblici castighi.
 
Ma voi sapete, o Venerabili Fratelli, come tutto riuscì indarno: sembrarono abbassar la fronte per un istante, ma la rialzarono subito con maggiore alterigia. E potremmo forse tuttora dissimulare se non si trattasse che sol di loro: ma trattasi invece della sicurezza del nome cattolico. Fa dunque mestieri di uscir da un silenzio, che ormai sarebbe colpa, per far conoscere alla Chiesa tutta chi sieno infatti costoro che così mal si camuffano.
 
E poiché è artificio astutissimo dei modernisti (ché con siffatto nome son chiamati costoro a ragione comunemente) presentare le loro dottrine non già coordinate e raccolte quasi in un tutto, ma sparse invece e disgiunte l'una dall'altra, allo scopo di passare essi per dubbiosi e come incerti, mentre di fatto sono fermi e determinati; gioverà innanzi tutto raccogliere qui le dottrine stesse in un sol quadro, per passar poi a ricercar le fonti di tanto traviamento ed a prescrivere le misure per impedirne i danni.
 
QUI il testo intero

Ecco la traduzione in spagnolo:

2. Tales hombres se extrañan de verse colocados por Nos entre los enemigos de la Iglesia. Pero no se extrañará de ello nadie que, prescindiendo de las intenciones, reservadas al juicio de Dios, conozca sus doctrinas y su manera de hablar y obrar. Son seguramente enemigos de la Iglesia, y no se apartará de lo verdadero quien dijere que ésta no los ha tenido peores. Porque, en efecto, como ya hemos dicho, ellos traman la ruina de la Iglesia, no desde fuera, sino desde dentro: en nuestros días, el peligro está casi en las entrañas mismas de la Iglesia y en sus mismas venas; y el daño producido por tales enemigos es tanto más inevitable cuanto más a fondo conocen a la Iglesia. Añádase que han aplicado la segur no a las ramas, ni tampoco a débiles renuevos, sino a la raíz misma; esto es, a la fe y a sus fibras más profundas. Mas una vez herida esa raíz de vida inmortal, se empeñan en que circule el virus por todo el árbol, y en tales proporciones que no hay parte alguna de la fe católica donde no pongan su mano, ninguna que no se esfuercen por corromper. Y mientras persiguen por mil caminos su nefasto designio, su táctica es la más insidiosa y pérfida. Amalgamando en sus personas al racionalista y al católico, lo hacen con habilidad tan refinada, que fácilmente sorprenden a los incautos. Por otra parte, por su gran temeridad, no hay linaje de consecuencias que les haga retroceder o, más bien, que no sostengan con obstinación y audacia. Juntan a esto, y es lo más a propósito para engañar, una vida llena de actividad, constancia y ardor singulares hacia todo género de estudios, aspirando a granjearse la estimación pública por sus costumbres, con frecuencia intachables. Por fin, y esto parece quitar toda esperanza de remedio, sus doctrinas les han pervertido el alma de tal suerte, que desprecian toda autoridad y no soportan corrección alguna; y atrincherándose en una conciencia mentirosa, nada omiten para que se atribuya a celo sincero de la verdad lo que sólo es obra de la tenacidad y del orgullo.
A la verdad, Nos habíamos esperado que algún día volverían sobre sí, y por esa razón habíamos empleado con ellos, primero, la dulzura como con hijos, después la severidad y, por último, aunque muy contra nuestra voluntad, las reprensiones públicas. Pero no ignoráis, venerables hermanos, la esterilidad de nuestros esfuerzos: inclinaron un momento la cabeza para erguirla en seguida con mayor orgullo. Ahora bien: si sólo se tratara de ellos, podríamos Nos tal vez disimular; pero se trata de la religión católica y de su seguridad. Basta, pues, de silencio; prolongarlo sería un crimen. Tiempo es de arrancar la máscara a esos hombres y de mostrarlos a la Iglesia entera tales cuales son en realidad.

AQUI

 

lunedì 25 giugno 2018

Fulmini sul cupolone

In poco più di cinque anni, in concomitanza di feste liturgiche e di eventi drammatici riguardanti la Chiesa cattolica, sono caduti già tre fulmini sulla Cupola di San Pietro. A chi avesse la risposta pronta, o credesse di averla, i tre eventi stanno meravigliando gli esperti perché – in passato – era molto raro che un fulmine colpisse la Cupola di San Pietro. Noi una risposta non l’abbiamo, ma annotiamo solo i fatti, dal momento che al “caso” non crediamo.
 
1°) 11 febbraio 2013 (Festa della Madonna di Lourdes)
Durante il concistoro della mattina, Benedetto XVI annuncia alla Chiesa e al mondo la sua rinuncia al papato (che diventerà effettiva il 28 febbraio). Quella stessa sera, durante un fortissimo temporale, si abbatté il primo fulmine sulla Cupola di Piazza San Pietro (evento che fu fotografato da Alessandro Di Meo, fotografo dell’Ansa).
 
2°) 7 ottobre 2016 (Festa della Madonna del Rosario)
Non ci sono scatti fotografici del secondo fulmine che cadde sulla Cupola di Piazza San Pietro, ma la Gendarmeria vaticana e alcuni testimoni oculari,(La notizia si può leggere anche da Qui, hanno confermato il fatto. Due giorni prima, il 5 ottobre, papa Francesco firmò col primate anglicano di Canterbury, Justin Welby, un’ecumenica Dichiarazione congiunta di stampo sincretista nella chiesa di San Gregorio Magno al Celio.
 
3°) 7-8 giugno 2018 (Solennità del Sacro Cuore di Gesù)
Il terzo violento fulmine è caduto sulla Cupola di Piazza San Pietro nella notte tra il 7 e l’8 giugno di quest’anno, evento che è stato persino filmato. Ciò si è verificato proprio nel periodo in cui l’establishment clericale progressista ha cercato di dare il definitivo “ben servito” a tre sacramenti — di conseguenza anche agli altri quattro –: l’Eucarestia, l’Ordine Sacro e il Matrimonio. La Conferenza Episcopale tedesca infatti ha fatto sapere che saranno ammessi alla Comunione (oltre ai divorziati risposati civilmente) anche i protestanti sposati con cattolici. La Santa Sede ha bloccato tutto, non per i giusti e sacrosanti motivi dottrinali, ma per ragioni pratiche, poiché sette vescovi tedeschi si sono opposti fortissimamente. Proprio in quei giorni, il Vaticano ha reso pubblico il documento preparatorio sul sinodo straordinario sull’Amazzonia che si terrà nel 2019: la formula delle “diaconesse” è praticamente pronta come quella di ordinari uomini sposati (viri probati). Formule che rischiano di estendersi, dato che il sinodo si terrà a Roma. Baldisserri, segretario generale del sinodo, ha spiegato: «Anche se il tema si riferisce ad un territorio, le riflessioni che lo riguardano superano l’ambito regionale, perché attingono tutta la Chiesa».
 
Notizia tratta da QUI

lunedì 18 giugno 2018

Pascendi dominici gregis /1

 
 
E' questa una lettera enciclica del Sommo Pontefice san Pio X scritta per denunciare gli errori del Modernismo. E' stata data in Roma presso san Pietro l'8 settembre 1907, nel quinto anno di pontificato. Visto che si tratta di un documento magisteriale importantissimo, senza tempo, anzi di grande attualità, vorrei proporlo in pillole, in modo da permetterne la meditazione e l'assimilazione. Un buon cattolico non può disinteressarsi di questo documento in quanto richiama l'attenzione di ciascuno a porre attenzione ai mali che inesorabilmente corrodono la fede e con questa la vita di devozione con il pericolo della dannazione eterna.
 
Nell'introduzione il Santo Padre, conscio del grave incarico ricevuto dal Signore, per successione apostolica, di difendere e custodire la fede, mette in guardia dai nemici di Cristo che, purtroppo, andandosi ad associare a quelli dichiarati e conosciuti, si celano nel cuore stesso della Chiesa. Il Santo Padre riconosce in questo modo, esserci dei nemici, sovvertitori del messaggio di Cristo e quindi della Verità, tra il laicato cattolico e tra il ceto sacerdotale, i quali si sono lasciati influenzare dalla dottrine pericolose.      
 
Introduzione
L'officio divinamente commessoCi di pascere il gregge del Signore ha, fra i primi doveri imposti da Cristo, quello di custodire con ogni vigilanza il deposito della fede trasmessa ai santi, ripudiando le profane novità di parole e le opposizioni di una scienza di falso nome. La quale provvidenza del Supremo Pastore non vi fu tempo che non fosse necessaria alla Chiesa cattolica: stanteché per opera del nemico dell'uman genere, mai non mancarono "uomini di perverso parlare (Act. XX, 30), cianciatori di vanità e seduttori (Tit. I, 10), erranti e consiglieri agli altri di errore (II Tim. III, 13)". Pur nondimeno gli è da confessare che in questi ultimi tempi, è cresciuto oltre misura il numero dei nemici della croce di Cristo; che, con arti affatto nuove e piene di astuzia, si affaticano di render vana la virtù avvivatrice della Chiesa e scrollare dai fondamenti, se venga lor fatto, lo stesso regno di Gesù Cristo. Per la qual cosa non Ci è oggimai più lecito di tacere, seppur non vogliamo aver vista di mancare al dovere Nostro gravissimo, e che Ci sia apposta a trascuratezza di esso la benignità finora usata nella speranza di più sani consigli.
 
Ed a rompere senza più gl'indugi Ci spinge anzitutto il fatto, che i fautori dell'errore già non sono ormai da ricercarsi fra i nemici dichiarati; ma, ciò che dà somma pena e timore, si celano nel seno stesso della Chiesa, tanto più perniciosi quanto meno sono in vista.
 
Alludiamo, o Venerabili Fratelli, a molti del laicato cattolico e, ciò ch'è più deplorevole, a non pochi dello stesso ceto sacerdotale, i quali, sotto finta di amore per la Chiesa, scevri d'ogni solido presidio di filosofico e teologico sapere, tutti anzi penetrati delle velenose dottrine dei nemici della Chiesa, si dànno, senza ritegno di sorta, per riformatori della Chiesa medesima; e, fatta audacemente schiera, si gittano su quanto vi ha di più santo nell'opera di Cristo, non risparmiando la persona stessa del Redentore divino, che, con ardimento sacrilego, rimpiccioliscono fino alla condizione di un puro e semplice uomo.
 
QUI il testo intero

Il testo in spagnolo:
 
INTRODUCCIÓN
 
Al oficio de apacentar la grey del Señor que nos ha sido confiada de lo alto, Jesucristo señaló como primer deber el de guardar con suma vigilancia el depósito tradicional de la santa fe, tanto frente a las novedades profanas del lenguaje como a las contradicciones de una falsa ciencia. No ha existido época alguna en la que no haya sido necesaria a la grey cristiana esa vigilancia de su Pastor supremo; porque jamás han faltado, suscitados por el enemigo del género humano, «hombres de lenguaje perverso»(1), «decidores de novedades y seductores»(2), «sujetos al error y que arrastran al error»(3).
 
Gravedad de los errores modernistas
1. Pero es preciso reconocer que en estos últimos tiempos ha crecido, en modo extraño, el número de los enemigos de la cruz de Cristo, los cuales, con artes enteramente nuevas y llenas de perfidia, se esfuerzan por aniquilar las energías vitales de la Iglesia, y hasta por destruir totalmente, si les fuera posible, el reino de Jesucristo. Guardar silencio no es ya decoroso, si no queremos aparecer infieles al más sacrosanto de nuestros deberes, y si la bondad de que hasta aquí hemos hecho uso, con esperanza de enmienda, no ha de ser censurada ya como un olvido de nuestro ministerio. Lo que sobre todo exige de Nos que rompamos sin dilación el silencio es que hoy no es menester ya ir a buscar los fabricantes de errores entre los enemigos declarados: se ocultan, y ello es objeto de grandísimo dolor y angustia, en el seno y gremio mismo de la Iglesia, siendo enemigos tanto más perjudiciales cuanto lo son menos declarados.
Hablamos, venerables hermanos, de un gran número de católicos seglares y, lo que es aún más deplorable, hasta de sacerdotes, los cuales, so pretexto de amor a la Iglesia, faltos en absoluto de conocimientos serios en filosofía y teología, e impregnados, por lo contrario, hasta la médula de los huesos, con venenosos errores bebidos en los escritos de los adversarios del catolicismo, se presentan, con desprecio de toda modestia, como restauradores de la Iglesia, y en apretada falange asaltan con audacia todo cuanto hay de más sagrado en la obra de Jesucristo, sin respetar ni aun la propia persona del divino Redentor, que con sacrílega temeridad rebajan a la categoría de puro y simple hombre.
 

mercoledì 13 giugno 2018

Alle radici della crisi della Chiesa


Reputo importante analizzare ed andare alla radice dei problemi di varia natura, ma soprattutto dottrinali e pastorali, che in questo momento, stanno attraversando la Chiesa Cattolica. Certamente non si può affermare che non ci siano dei problemi in seno ad essa e sarebbe sciocco ignorarli o addirittura negarli. Dopo il Concilio Vaticano II ha avuto modo di esprimersi al meglio, finalmente incontrastata, la 'Nouvelle théologie', che il Santo Padre Pio XII aveva invece più volte condannato negli anni precedenti, sino ad arrivare, nel 1950, a pubblicare un’enciclica specificamente contro di essa, la Humani Generis. Questa dannosa corrente teologica si innestò sul Modernismo, una corrente di pensiero altrettanto nefasto, condannato nel 1907 da Papa san Pio X che lo definì «la sintesi di tutte le eresie», a sua volta generato dal liberalismo cattolico. Nonostante le varie condanne, le fila dei modernisti si asserragliarono ancor più in una sorta di 'framassoneria cattolica', come la chiamò il poeta Antonio Fogazzaro e della quale ne faceva anche parte, continuando il lento ed inesorabile lavorio teologico, che intendeva imprimere un cambio di paradigma a tutta la Chiesa in termini di dogmatica e di pastorale per modernizzarla ed adattarla allo 'spirito dei tempi': «Non ci resta che aspettare il giorno in cui, grazie a un lavoro silenzioso e segreto, avremo guadagnato per la causa della libertà una porzione più ampia delle truppe della Chiesa», scriveva il sacerdote cattolico modernista George Tyrrell.
 
A tale scopo si iniziò a reinterpretare la Dottrina cattolica a partire dalla filosofia, secondo i canoni dell'Esistenzialismo, che vanta in Martin Heidegger il suo maggior esponente, con la conseguenza di mutare la storia della salvezza in una storia profana e che si rivela tra le pieghe, non tanto celate, della storia umana soprattutto attraverso le sue rivoluzioni, i suoi drammi, i suoi mutamenti. Un concetto esplicato molto bene dal padre domenicano Dominique Chenu: «Dio parla per eventi. L’economia della rivelazione non è una storia in cui avviene una rivelazione, ma una storia di per sé rivelatrice».
 
In questo modo si attua la sacralizzazione della storia -in quanto rivelatrice del progetto divino- e di ogni sua manifestazione e la desacralizzazione di ciò che è Divino, fino all'estrema conseguenza di attuare una nuova Ecclesiologia che renda la Chiesa democratica, ugualitaria e laica, appartenente al 'Popolo di Dio', dunque senza autorità, né dimensione gerarchica e clericale, aperta all'avvenire e al soffio dello Spirito, in perpetuo movimento e senza essere ancorata. Proprio come affermava il padre domenicano Yves Congar: «La mia visione della Chiesa mette in discussione il sistema piramidale, gerarchico e giuridico, la mia ecclesiologia è quella del “popolo di Dio”».
 
Oltre alla 'Humani Generis', documento magisteriale rivolto esplicitamente contro la 'Nouvelle Théologie', Papa Pio XII già nel 1943 aveva pubblicato l'enciclica 'Mystici Corporis Christi'  nella quale avvertiva contro gli errori della 'Nouvelle théologie' in campo ecclesiologico e nel 1947 la 'Mediator Dei' per condannare gli errori di questa teologia anche in campo liturgico.
 
Purtroppo, nonostante i continui avvertimenti e le plurime condanne, le menti della Nuova teologia ed i suoi sulfurei sofismi, approdarono tutti al Concilio Vaticano II.

lunedì 11 giugno 2018

Insegnami a trovarTi!

 
Oh Gesù, mio Redentore e Signore,
impastata di terra e di colpe,
porto nell'anima la ferita del tuo Amore
e le cicatrici dei miei peccati.
Troppe volte ho dimenticato di guardarmi
allo specchio della tua immagine.
Troppe volte ho ammirato il riflesso
della mia corruttibilità,
credendo di aver trovato la tua Santa Sembianza Umana.
Perdona il mio sguardo deturpato
e corrotto dall'amor proprio.
Insegnami a guardarmi! 
Insegnami a trovarTi!   

giovedì 7 giugno 2018

Padre Cornelio Fabro: aspetti di un vero teologo


 
1)  Cornelio Fabro passa alla storia come il grande metafisico, forse il più grande del secolo appena trascorso. Come viveva il suo essere teologo?

Fabro è un pensatore radicale, non è un uomo di corrente o di scuola, egli si pone di fronte ai temi decisivi per l’esistenza e prende posizione. Il peso stesso dell’erudizione non appiattisce mai l’inquieta ricerca e la religiosa “cura dell’anima”. Non era un uomo immerso nell’accademismo astratto, la Commissione per il concorso a cattedra dell’Università di Bari lo definì «degno di molta considerazione per la sue doti teoretiche», ma non mancò di scorgere i suoi accenti «polemici» e «tendenziosi», evidentemente sul centrale “problema di Dio”. Il Cornelio Fabro filosofo è un tutt’uno col teologo e con l’uomo di Dio, per il quale il problema essenziale di Dio è il problema essenziale dell’uomo.
In ogni suo scritto si legge l’indispensabile esigenza di restituire alla ragione la sua dimensione metafisica in grado di attingere il trascendente.

 
2)  Un aspetto poco conosciuto di questo grandissimo intellettuale è, in effetti, la sua passione per il creato…

Nelle sue memorie ci parla della sua infanzia con gli animali domestici, le piccole sorgive nella zona di Flumignano (UD) suo paese natale, e si intuisce il ruolo che l’osservazione del creato ebbe fin dalla sua infanzia molto provata da serie malattie e conseguente immobilità. Frequenta per tre anni i corsi di Scienze naturali all’Università di Padova, si occupa di biologia, di embriologia, di genetica, di fisiologia comparata, di natura della vita e specialmente degli stretti rapporti tra biologia e filosofia. Per osservare la biologia marina caldeggiò la realizzazione di un laboratorio a Roma con acqua di mare, ricordiamo anche l’argomento della sua tesi di laurea in zoologia: “Modificazioni istologiche nell’utero del pescecane” e le sue innumerevoli visite alla stazione di zoologia di Napoli, ma anche allo zoo di Roma.


  3)  Forse anche questi elementi hanno aiutato, sotto il profilo umano, il suo approccio realista?

Rimane colpito da quel modus scientifico che riscontra nell’ambiente della ricerca e dal modo di affrontare i problemi che «ti costringe a fare i conti col reale», questa esperienza lo accompagnerà quando lascia il campo scientifico per dedicarsi alla filosofia.  Di qui il suo “realismo della res”, un tutt’uno col realismo gnoseologico.
C. Fabro si confronta sempre con quella «realtà che ti prende e ti costringe a fare i conti con essa, senza fumosità pseudo teoriche e divagazioni formali semantiche». Da qui la sua avversione all’ideologismo e ai sistemi troppo razionalisti, che sono per lui «una forma d’immanentismo». Il suo impegno era ed è «ridare alle intelligenze il gusto della verità e consolidare negli animi il fondamento della libertà», e Cornelio Fabro usa la sua raffinatissima intelligenza di filosofo come un bisturi per individuare ed esaminare le fibre più interne, profonde e sottili del conoscere e dell’essere. Rispondendo all’esigenza teoretica di scandaglio della fondazione metafisica della cogitativa, come forma inferiore di razionalità e forma superiore di sensibilità, C. Fabro coglie tomisticamente quell’anello di congiunzione che si situa fra l’intelletto e la sensibilità e che spiega e legittima il realismo gnoseologico.
A questi punti fermi si ancora il suo invito all’«immersione nella realtà», all’«elasticità concettuale», alla «conversio ad praesentiam». Ovviamente sarà la lettura dei suoi scritti ad ancorarci a queste solide basi.

4) Gli ultimi decenni della sua produzione filosofico-teologica sono stati segnati anche nella cultura cattolica dall’ideologia dell’ “apertura al mondo”, apertura che, come riconobbe con accenni autocritici il Santo Padre Paolo VI, è divenuta un’invasione della Chiesa da parte del pensiero mondano…

L’attitudine al compromesso del mondo cattolico lo feriva e gli causava dolore, più tardi si rese addirittura conto che il suo infarto nel marzo del ‘74 era legato all’atteggiamento del mondo cattolico, troppo disponibile a compromessi sulle tematiche del divorzio e dell’aborto. Vedeva l’Italia che si allontanava dai principi cristiani e vedeva che ciò avveniva con leggi firmate dai governi democristiani.
Più in generale la sua sincerità lo portò sempre ad essere «contro i movimenti tiepidi di compromesso tra trascendenza cristiana e immanenza moderna», come pure sempre aborriva i gruppi di potere che per utilità nascondono la verità nella volontà e “unificano” ciò che non è nemmeno lontanamente assimilabile.
 


5) Diversi uomini di Chiesa, anche autorevolissimi e anche di formazione moderna, hanno denunciato una gravissima deriva dottrinale nel mondo cattolico odierno. Cosa pensava Fabro di tale fenomeno?

C. Fabro scrive a proposito degli errori filosofici moderni e della necessità che il clero li conosca per difendersene: «gli sbandamenti nella dottrina e nella morale cattolica seguiti al Concilio, forse tra i più aberranti e gravi nella storia delle eresie, che hanno coinvolto anche larghi strati della gerarchia, che non ha seguito spesso le direttive del Vicario di Cristo, dipendevano e dipendono da questo». Dipendono ossia dall’ignoranza della vera natura del «pensiero moderno», è l’«antropologia radicale» infatti ciò che mina alle basi la trascendenza e la metafisica, portando con sé gli «sbandamenti dottrinali» sopra citati. Citiamo Miccoli: «Il realismo metafisico di Fabro si è imposto all’invadenza dell’idealismo, del marxismo, dell’intuizionismo bergsoniano, dell’esistenzialismo, del pragmatismo e del nichilismo, come barriera e palizzata teoretica che si erge a confine di decisive questioni concernenti Dio, Uomo, Mondo in un linguaggio intransigente, intollerante, seccamente esegetico più che ecumenicamente ermeneutico…». Egli continua parlando di Fabro come «attento e sollecito a proteggere lo spazio sacro del divino nella linea della tradizione cattolica contro i profanatori del tempio e contro gli araldi di nuove proposte teoretiche e pratiche, che gli apparivano insidiose per la vita della Chiesa in quanto equivoche, eretiche, sovvertitrici della Fides Ecclesiae».


6) Come fu presa la sua sincerità?

C. Fabro è contro ogni pragmatismo dottrinale, perché esso non è altro che «odio per l’intelligenza», la sua «implacabile e immediata sincerità» non può che portarlo a «quell’amore aspro e appassionato per la verità che non guarda in faccia a nessuno» scriverà l’illustre giuria di Bassano nel 1989.
Per la sua sincerità dovette soffrire, si pensi al libro su K. Rahner; gli fu richiesto da alcuni colleghi che lo incoraggiarono, ma poi non fu sostenuto come si doveva quando comparvero le difficoltà, l’ostracismo, le lettere indignate. Ma lui sfidò i contestatori a pubblico dibattito in Gregoriana, evidentemente tutto restò lettera morta perché nessuno voleva confrontarsi, scrive Mario Composta, tutti conoscevano la fondatezza delle sue posizioni e la forza delle argomentazioni. Ancor più triste fu constatare che gli attacchi  vennero solo dal mondo cattolico, il mondo filosofico laico non s’immischiò nemmeno e gli strali più avvelenati vennero dai vicini, ma lui continuò a condannare fermamente la “svolta antropologica” del teologo tedesco.


7) E come vedeva il proprio combattimento filosofico-teologico, in ultima analisi la sua battaglia per la verità?

Attribuiva a Dio la sua forza. Cito dal suo testamento spirituale: «Se non ho mai indietreggiato davanti alla verità è stato frutto della Sua (di Dio) assistenza misericordiosa, della protezione della Madonna, degli Angeli e dei miei santi patroni, delle anime che ho potuto dirigere e di quelle che ho assistito in punto di morte nel passaggio alla patria celeste». C’è l’aiuto di Dio e c’è la fiducia nel Signore e c’è accanto l’utilizzo responsabile della libertà ordinata dalla verità, vera «partecipazione all’opera creatrice di Dio». Nelle pieghe più intime dello spirito siamo chiamati dal Creatore a partecipare all’opera redentiva, che si fonda sull’onnipotenza divina, che ci dona una libertà scaturiente e sempre rinnovantesi. Ogni libertà è una nuova creazione nel divenire del nostro essere e quindi, nel tessuto sociale in cui siamo, partecipiamo all’opera creativa di Dio. Di qui la nostra responsabilità. Nel mondo dello spirito e nel mondo sociale ci sono questi virgulti di vera libertà - che sono come i germogli che vediamo in questa primavera - essi possono rimanere sconosciuti, non visti, non apprezzati agli occhi degli uomini, ma sono una forza e sono preziosi agli occhi di Dio e al bene dell’umanità.

 Tratto da QUI
Don Stefano Carusi
 
 Intervista alla segretaria Suor Rosa Goglia che per decenni ne fu la più stretta collaboratrice
 

Un nodo ecclesiale di nome Kiko

Del movimento ecclesiale chiamato 'Cammino Neocatecumenale' so poco, non me ne sono mai occupata fino in fondo: ho una certa allergia verso i movimenti in genere, soprattutto se post-conciliari, soprattutto se innovativi, soprattutto se creativi e sovvertitori delle regole, essendo portata ed affascinata più dal silenzio e dal raccoglimento che dalle festose 'assemblee' di pentecostale memoria.
 
Quello che ho letto in rete in merito al sopracitato movimento non è poi così positivo. Esiste un grande problema di fondo e il Prof. De Mattei lo sintetizza molto bene commentando le parole di Kiko Argüello, fondatore del Cammino Neocatecumenale, in un video del 20 giugno 2015, in occasione della manifestazione che si è tenuta a Roma in difesa della famiglia naturale e del matrimonio, in cui egli ha preteso spiegare che cosa significa oggi essere cristiani”.
 
'Lo ha fatto indicando il cammino neocatecumenale come la via che porta ad una fede adulta: una fede purificata dalle formule dogmatiche e dottrinali e ridotta a puro “kerigma”, annuncio di un evento di cui lo stesso Kiko è interprete e profeta. Il carattere sconnesso e privo di filo logico della sua esposizione (“pennellate” di artista, come egli le definisce) fa parte della sua sua “teologia della storia”, riassunta nel finale “canto dell’Apocalisse” a cui la folla, sotto la pioggia, ha unito la sua voce.
Kiko Arguello non ha mai risposto a tante domande che da decenni gli vengono rivolte sulla sua concezione della Chiesa, del sacramento dell’ordine e di quello dell’eucarestia.
 
Il prezzo da pagare per la difesa del matrimonio e della famiglia non può essere l’abbandono o l’oscuramento di verità appartenenti al deposito della Fede, come l’esistenza di un’unica verità salvifica, di cui la Chiesa cattolica è portatrice, o il fatto che la Messa non è un convito di festa, ma il rinnovamento incruento del sacrificio della Croce.
E l’alternativa alla desistenza dei vescovi non può essere la reinterpretazione del cristianesimo da parte di un movimento carismatico e anti-istituzionale.
 
La fede o è integra e totale, o non è. Per essere eretici non è necessario negare tutti i dogmi, ma è sufficiente negare con pertinacia una sia pur minima verità della fede o della morale cattolica. Chi rifiuta anche un solo dogma, li rifiuta tutti, e deve essere considerato eretico, perché crede o non crede, non a causa dell’autorità di Dio rivelante, ma in base alla propria ragione: quella che egli chiama fede è in realtà la sua opinione ed egli non ha nessun titolo a pretendere che la propria personale opinione debba essere seguita dagli altri.
 
(Prof. De Mattei)
Tratto da  QUI

mercoledì 6 giugno 2018

Cari sacerdoti: tornate ad indossare la talare!

 
Ritengo di attirare la attenzione su un problema, che sta diventando della massima importanza: quello dell'abito ecclesiastico.... Di fatto si sta assistendo alla più grande decadenza dell'abito ecclesiastico....
 
L'abito condiziona fortemente e talvolta forgia addirittura la psicologia di chi lo porta . L'abbigliamento, infatti, impegna per la vestizione, per la sua conservazione, per la sostituzione. È la prima cosa che si vede, l'ultima che si depone. Esso ricorda impegni, appartenenze, decoro, colleganze, spirito di corpo, dignità! Questo fa in modo continuo. Crea pertanto dei limiti alla azione, richiama incessantemente tali limiti, fa scattare la barriera del pudore, del buon nome, del proprio dovere, della risonanza pubblica, delle conseguenze, delle malevoli interpretazioni.....
 
L'abito non fa il monaco al 100%, ma lo fa certamente in parte notevole; in parte maggiore, secondo che cresce la sua debolezza di temperamento.....Per tale motivo la questione della divisa ingigantisce nel campo ecclesiastico e si impone alla attenzione di quanti vogliono salvare vocazioni, perseveranza negli accettati doveri, disciplina, pietà, santità!
 
Succede che in talune città d'Italia (non citiamo ovviamente i nomi, ma siamo ben sicuri di quello che diciamo) per l'assenza di ritegno imposto dalla sacra divisa si arriva ai divertimenti tuttavia proibiti dal Codice di Diritto Canonico, ai night clubs, alle case malfamate e peggio. Sappiamo di retate di seminaristi fatte in cinema malfamati ed in altri non più consigliabili locali. Tutto per colpa dell'abito tradito!
 
Il bilancio che ne consegue eccolo:
- disistima;
- sfiducia;
- insinuazioni facili e talvolta gravi;
- preti che, cominciando dall'abito e dallo smantellamento della prima umile difesa, finiscono dove finiscono...
- crisi sacerdotali, del tutto colpevoli, perché cominciate col rifiuto delle necessarie cautele, richieste dal Diritto Canonico e dal consiglio dei Vescovi, con risultati disgraziati e spostati...
- seminari che si svuotano e non resistono; mentre nel mondo, tanto in Europa che in America, rigurgitano i seminari, ordinati secondo la loro genuina origine, col rigoroso abito ecclesiastico, nella vera obbedienza al Decreto conciliare Optatam totius;
- anime che si trascinano innanzi senza più alcuna capacità decisionale, dopo la loro contaminazione col mondo.
 
Credo difficile possa esistere nel nostro tempo, proprio per le sue caratteristiche, lo spirito ecclesiastico senza il desiderio e il rispetto dell'abito ecclesiastico.
 
Qui non parliamo solo di «abito ecclesiastico», ma di talare. E guardiamo bene le cose in faccia, senza alcun timore di quel che si può dire. Alcuni, per boicottare l'uso della talare o per giustificarsi nell'aver ceduto alla moda corrente contraria all'abito talare, affermano: «Tanto la talare è un abito liturgico», volendo così esaurire l'eventuale uso della talare alla sola liturgia. Questo è apertamente falso e capziosamente ipocrita!
 
Francamente è chiaro che il clergyman non è la soluzione più desiderata.
 
Chi non ama la sua talare resisterà ad amare il suo servizio a Dio?
 
Il prossimo non sostituisce Dio!
 
Non è soldato chi non ama la sua divisa.
 
L'indirizzo da darsi è:
- che anche se la legge ammette il clergyman, esso non rappresenta in mezzo al nostro popolo la soluzione ideale;
- che chi intende avere l'integro spirito ecclesiastico deve amare la sua talare; 
- che la difesa della talare è la difesa della vocazione e delle vocazioni.
 
Il mio dovere di Pastore mi obbliga a guardare assai lontano. Ho dovuto constatare che la introduzione del clergyman oltre la legge e le depravazioni dell'abito ecclesiastico sono una causa, probabilmente la prima, del grave decadimento della disciplina ecclesiastica in Italia. Chi vuol bene al sacerdozio, non scherzi con la sua divisa!  
[Testo tratto da: Card. Giuseppe Siri, A Te sacerdote, vol. II, Frigento: Casa Mariana, 1987, pp. 67-73].
 
Tratto dal sito CORSIA DEI SERVI, QUI

martedì 5 giugno 2018

Sul celibato sacerdotale: scelta sponsale

 
Celibato sacerdotale
 
24. I Padri sinodali hanno voluto sottolineare che il sacerdozio ministeriale richiede, attraverso l'Ordinazione, la piena configurazione a Cristo. Pur nel rispetto della differente prassi e tradizione orientale, è necessario ribadire il senso profondo del celibato sacerdotale, ritenuto giustamente una ricchezza inestimabile, e confermato anche dalla prassi orientale di scegliere i Vescovi solo tra coloro che vivono nel celibato e che tiene in grande onore la scelta del celibato operata da numerosi presbiteri.
 
In tale scelta del sacerdote, infatti, trovano peculiare espressione la dedizione che lo conforma a Cristo e l'offerta esclusiva di se stesso per il Regno di Dio.(75)
 
Il fatto che Cristo stesso, sacerdote in eterno, abbia vissuto la sua missione fino al sacrificio della croce nello stato di verginità costituisce il punto di riferimento sicuro per cogliere il senso della tradizione della Chiesa latina a questo proposito.
 
Pertanto, non è sufficiente comprendere il celibato sacerdotale in termini meramente funzionali. In realtà, esso rappresenta una speciale conformazione allo stile di vita di Cristo stesso.
 
Tale scelta è innanzitutto sponsale; è immedesimazione con il cuore di Cristo Sposo che dà la vita per la sua Sposa. In unità con la grande tradizione ecclesiale, con il Concilio Vaticano II (76) e con i Sommi Pontefici miei predecessori (77), ribadisco la bellezza e l'importanza di una vita sacerdotale vissuta nel celibato come segno espressivo della dedizione totale ed esclusiva a Cristo, alla Chiesa e al Regno di Dio, e ne confermo quindi l'obbligatorietà per la tradizione latina.
 
Il celibato sacerdotale vissuto con maturità, letizia e dedizione è una grandissima benedizione per la Chiesa e per la stessa società.
 
QUI

ESORTAZIONE APOSTOLICA
POSTSINODALE 'SACRAMENTUM CARITATIS' DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI


(75) Cfr Propositio 11.
(76) Cfr Decr. sul ministero e la vita dei presbiteri Presbyterorum Ordinis, 16.
(77) Cfr Giovanni XXIII, Lett. enc. Sacerdotii nostri primordia (1 agosto 1959): AAS 51 (1959), 545-579; Paolo VI, Lett. enc. Sacerdotalis coelibatus (24 giugno 1967): AAS 59 (1967), 657-697; Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992), 29: AAS 84 (1992), 703-705; Benedetto XVI, Discorso alla Curia Romana (22 dicembre 2006): L'Osservatore Romano, 23 dicembre 2006, p. 6