venerdì 17 ottobre 2014

Sete di appartenenza

 
Don Giussani, già 60 anni fa, aveva intuito che il problema più importante nella vita e della vita è l’educazione che lui definiva come la capacità dell’educatore di introdurre l’educando nella conoscenza della realtà nella sua totalità. Il problema non sono i ragazzi, ma la mancanza di “punti di riferimento certi”. I ragazzi oggi come ieri sono assetati di senso della vita. Il loro cuore come quello di ogni uomo vibra del desiderio di sapere se la vita vale la pena viverla o è una passione inutile. Se questa vibrazione non incontra un volto in cui nitidamente si legge ciò che il ragazzo cerca, inevitabilmente si trasforma in disperazione o viene appiattita dallo smog di quella mentalità nichilista che tutti respiriamo.(...)Tutti i giorni quando vado nelle 3 case che accolgono più di 50 bambini e ragazzi, vedo nei loro sguardi una sete impressionante di appartenenza. È evidente la loro esigenza di avere un punto da guardare. Ma un punto fisso come il papà, la mamma o un educatore non si inventa, non si costruisce a tavolino, è il frutto di un avvenimento che entra nella vita di una persona, la cambia e la rende attrattiva per gli altri.
Tutti si lamentano dell’inesistenza della famiglia e di una scuola a pezzi. Lo ascolto tutti i giorni dai miei ragazzi messi al mondo per istinto e poi abbandonati. Ma penso anche a quei bambini che rimangono soli perché i genitori, la madre soprattutto, non fanno altro che lavorare. Come possono rispondere al grido di affetto dei propri figli? A mio giudizio, guardando la mia esperienza, non bastano alcune ore della settimana per stare con i propri figli. Se io non vivessi con i miei bambini e stessi solo alcune ore con loro, non si sentirebbero voluti bene.
Mia madre è sempre stata con me e i miei fratelli e quando doveva andare al campo a lavorare ci portava con sé. Mio padre è dovuto emigrare. Nella loro semplicità ci hanno insegnato una cosa molto importante: la madre deve essere madre e dare ai figli l’affetto e il tempo di cui hanno bisogno. Se Dio mi avesse chiamato al matrimonio, io sarei andato a lavorare anche 24 ore al giorno pur di lasciare la mia sposa a casa con i figli.
Non si può mettere al mondo un figlio e poi consegnarlo alla Stato o alle scuole private. Solamente nel caso di vere difficoltà economiche non vedo alternativa per cui è necessario che anche la moglie vada a lavorare. La questione che voglio segnalare è la mentalità femminista che è entrata anche nelle famiglie più belle che conosco, per cui se una donna non ha un titolo universitario e non lavora fuori casa non si sente realizzata. La crisi dei figli adolescenti è sempre affettiva, cioè di appartenenza. Hanno bisogno di un calore umano vivendo in un mondo freddo. (Padre Aldo Trento)
Tratto da qui 

 
paldo.trento@gmail.com

 

4 commenti:

  1. Ser madre..... es algo que se siente tan dentro....llevas a tus hijos siempre contigo alla donde estes y ries ,sufres,y sientes con ellos
    Un Beso

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    1. Essere madre è donarsi sempre.......

      Muchas gracias......
      Un abrazo

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  2. Yo no soy madre pero creo que debe de ser algo maravilloso.

    Y saber que tienes siempre cerca a tu madre.

    Muy bueno este artículo.

    Un beso grande.

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    1. AMALIA, neanch'io ho figli, però ogni donna è madre: lo siamo dentro, nel profondo, nell'anima, è il nostro modo di essere.
      Un abbraccio

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