'E quante volte noi vediamo lo scandalo di quelle persone che vanno in chiesa e stanno lì tutta la giornata o vanno tutti i giorni e poi vivono odiando gli altri o parlando male della gente. Questo è uno scandalo! Meglio non andare in chiesa: vivi così, come fossi ateo.'(Papa Francesco, Udienza Generale 02.01.2019)QUI
No, Santo Padre!
Meglio cattolici che atei…
È vero che è meglio un buon ateo che un cattivo cristiano, come talvolta si sente ripetere? No, la verità è molto diversa. La religione cattolica è vera, perché Dio esiste, perché Gesù Cristo è il Figlio di Dio, perché la Chiesa, fondata da Gesù Cristo, è l’unica istituzione che conduce l’uomo alla salvezza eterna. (...)
Tra tutte le negazioni possibili: quella della Chiesa (come i protestanti), quella di Gesù Cristo (come gli ebrei e i musulmani) e quella di Dio (come gli atei), l’ultima è decisamente la peggiore, perché si oppone non solo alla Verità rivelata, ma alla stessa legge naturale che rende evidente agli occhi dell’uomo l’esistenza di Dio, principio e fine di tutte le cose. La Chiesa ha definito nel Concilio Vaticano I che l’uomo, col solo lume della ragione, può arrivare alla conoscenza certa di Dio, considerando le cose create, che sono un riflesso e una manifestazione delle perfezioni di Dio creatore (Denzinger-H, n. 3004).
L’etnologia ci dimostra che non esistono popoli senza religione. Dio è stato onorato nella storia da tutti i popoli.
La negazione di Dio è un’offesa alla natura dell’essere razionale. «Lo stolto pensa: Dio non c’è», dicono i Salmi, (14 (12) 1).
L’ateo è un insensato, perché non riconosce in ciò che lo circonda la presenza di una Causa prima da cui tutto procede. E'uno stolto perché nega la logica ed è un infelice perché è incapace di dare un senso alla propria vita.
L’ateo è colui che afferma che non esiste Dio o che comunque vive nella pratica come se Dio non esistesse. La ragione di questa negazione, teorica o pratica, deriva più frequentemente dalla volontà dell’uomo che dal suo intelletto. Sant’Alfonso de’ Liguori scrive: «È questione se ci siano o no atei d’intelletto: è certo non pertanto che ve ne sono molti di volontà, i quali, per non aver freno alle loro passioni disordinate, vorrebbero che non vi fosse Dio che li castigasse; perciò, per liberarsi da un tal timore e dai rimorsi della coscienza, questi infelici cercano di mettere in dubbio l’esistenza divina. Ma io non posso né potrò mai credere che essi giungano a persuadersi pienamente che non vi sia un Dio fattore e governatore del tutto» (Verità della fede, Tip. Luca Corretta, Monza 1831, p. 155).
L’idea di un ateo moralmente buono è contraddittoria. L’ateo nega la prima tavola della Legge divina e naturale, che impone di riconoscere Dio, di non nominarlo invano e di rendergli il culto dovuto. Ma, senza questo fondamento logico e metafisico, non è possibile osservare la legge morale, che costituisce la seconda tavola della Legge. Il primo principio della legge morale afferma che bisogna fare il bene ed evitare il male. Ma quale bene potrà mai fare l’uomo, se nega o ignora Dio, sommo bene e causa e radice di ogni altro bene? «Se Dio non esiste, tutto è permesso» afferma Dostoevskij nei Fratelli Karamazov (1880).
Il nichilismo filosofico e morale è la conseguenza necessaria dell’ateismo. (...)
Naturalmente anche un ateo, fino al momento della morte, si può convertire, ma, se non si converte, è dannato e soffrirà per l’eternità l’assenza di quel Dio che ha rifiutato sulla terra.
Chi invece ha la fede cattolica deve ringraziare Dio per la straordinaria grazia ricevuta, perché cammina sulla strada dell’eterna salvezza. Il battesimo cancella il peccato originale, ma non ne annulla le conseguenze. Per tutta la vita il cattolico dovrà combattere contro la carne, il mondo e il demonio. Ma egli sa che, anche se cadrà, ha l’immensa grazia della Penitenza, un Sacramento che gli permette di riconciliarsi con Dio e di ritrovare la grazia perduta.
Ci sono cattolici ipocriti che non amano né Dio né il loro prossimo? Può essere, ma si deve presumere che non sia la regola e ciò che ad essi si deve chiedere è di essere coerenti con la propria fede, di trasformare un cristianesimo esteriore in un Cristianesimo interiore, di vivere come dicono di pensare, se non vogliono finire col pensare come vivono. Il rischio che essi corrono è di diventare atei, proprio perché sono cattivi cristiani.
Esistono certamente cattivi cattolici, ma esistono innanzitutto buoni cattolici, di cui i santi sono un modello. Non esistono invece “buoni atei”: non esiste una “santità” laica o secolarista, come vorrebbero illuministi e massoni. Nei loro laboratori ideologici è nata la parola d’ordine secondo cui il buon ateo è meglio del cattivo cattolico.
Ma a che servono tanti sforzi per osservare la legge divina, se chi non la osserva, perché non crede in Dio, è migliore di chi, per osservarla, cade e faticosamente si rialza? La tesi illuministica è che gli atei dovrebbero essere orgogliosi del loro ateismo e i cattolici vergognarsi della loro fede, perché in realtà Dio non esiste.(...)
Gli atei, afferma Pio XII, «soffrono lo spasimo di un esilio, l’isolamento dall’universo, il vuoto di un deserto, a cui da sé stessi si sono condannati, accettando l’ateismo. Per loro non vi è che un rimedio, il ritorno: ritorno alla riflessione e al buon senso umano, ritorno alla ricerca profonda e serena della ragione delle cose, risalendo grado per grado la scala del Creato dall’effetto alle cause, finché non riposi pienamente appagata la mente investigatrice; ritorno infine alla umiltà e alla docilità della creatura» (Radiomessaggio natalizio del 23 dicembre 1949 in Discorsi e Radiomessaggi, vol. XI, pp. 330-331).
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Tratto da Radici Cristiane n.140 - gen/feb 2019
Roberto de Mattei