San Tommaso parla di estetica, anche se non ha scritto un trattato su questo tema. Ha una considerazione molto profonda del pulchrum, del bello. Tanto è vero che gli scolastici giustamente dicono che il pulchrum (San Tommaso esplicitamente lo dice) è un trascendentale, una perfezione che conviene all’ente. Ogni ente, in quanto ente è bello, e Dio, che è il sommo ente, è sommamente bello. Questo è un aspetto che la teologia moderna riesce ancora ad intravedere. Comunque questo è un aspetto dell’essere di Dio, Dio è anche sommamente bello. Notate che San Tommaso in questo si riallaccia al platonismo, sgancia la bellezza dalla materialità, belle sono non solo le cose materiali, opere d’arte o cose del genere, bello è l’essere, l’essere, in quanto essere, è bello.
Però che cosa fa sì che l’essere sia bello? E’ diciamo la bontà, quindi il pulchrum è un aspetto del bene, però è una bontà particolare, la bontà della verità, un certo splendore della verità. Una convenienza della verità al soggetto, che la conosce. San Tommaso dice che noi in ammirazione davanti ad un’opera d’arte, ammiriamo non tanto il rappresentato, ma il modo della rappresentazione. Cioè il rappresentato può essere anche qualche cosa di brutto, di violento, di distorto, però la rappresentazione deve essere bella, cioè deve piacere. Veramente qui faccio la mia confessione agostiniana, cesso di essere tomista a questo punto e scendo nella positività. Un’arte, miei cari, un’arte che rinuncia a servire il bello, cessa anche di essere un’arte e non ci sono scuse di sorta. Ogni tanto sento dire: "L’arte moderna è così brutta (non si può fare a meno di riconoscerlo), ma ha il diritto di essere brutta perché l’uomo moderno è tormentato". Ebbene, non c’è tormento che possa in qualche modo spiegare questa abdicazione al servizio del bello. L’artista deve sempre sentirsi al servizio del bello. Certe aberrazioni sono offensive, l’arte ha una certa affinità con la religione, profanare il bello è come profanare il sacro, una cosa spaventosa in sostanza.
Generalmente quando crolla una cultura, crollano tutte le idee platoniche, crolla questa triade: il bene, il vero, il bello. In tutti tre gli ambiti c’è una specie di crisi, sia rispetto al vero, soggettivismo, sia rispetto al bene, relativismo, sia rispetto al bello, il culto della bruttura, lo vedete da per tutto.
San Tommaso invece è convinto che è lecito rappresentare cose brutte, ma se le rappresento e sono un artista onesto, devo farlo in maniera bella, piacevole, con una grande dignità. Così si dice: "Io sono tormentato, quindi per offendere il prossimo, gli piazzo lì un oggetto orrendo". Certi musei di arte moderna ostentano oggetti veramente sgradevoli sotto ogni aspetto, alla vista, all’olfatto, non mi dilungo, che cose orrende! In ogni modo questo non è legittimato dal fatto che uno soffra, che è tormentato dentro.
L’arte, ogni arte, è obbligata rispetto alla bellezza. Può essere tormentata, spesso la poesia nasce dalla sofferenza, non c’è nessun poeta che non abbia sofferto, però è necessario che abbia questa dignità. E’ questione di una certa nobiltà spirituale, questo non perdere le staffe, in sostanza. Soffrire con dignità, quindi anche le cose più tormentate esprimerle con stile, San Tommaso ci tiene a questo aspetto.
Per quanto riguarda i sensi che sono in grado di percepire il bello, questo splendore del vero, questa bontà del vero, richiedono sempre l’intelletto. L’intelletto gode nel conoscere il vero. Per esempio la filosofia è questione anche di estetica, quando uno contempla un essere, contempla la struttura ontologica, metafisica, evidentemente ha un certo compiacimento nella bontà della verità che gli si manifesta e questa è proprio una percezione spirituale del bello. I sensi percepiscono il bello, ma solo a livello dei sensi più spirituali, più emancipati dalla utilità, perchè il bello, a questo livello, è onesto, imparentato con l’onesto, il bello è fine a sé stesso. L’uomo di oggi ha una grossa difficoltà ad amare le cose per sé stesse, una crisi di benevolenza, una crisi di affettività, per dire la verità, proprio una impossibilità di amare un bene semplicemente perché è buono, si insinua sempre la domanda: "E chi me lo fa fare? E a che cosa serve?" Socrate andava in escandescenze quando uno gli faceva la domandina: "E a che cosa mi serve?". Poverino, in Atene aveva ancora il paradiso in terra, al giorno di oggi chissà quali tribolazioni avrebbe dovuto subire. Ebbene, il fatto è che l’arte è sempre innamorata del bene, della verità per il bene stesso, non ha secondi fini, l’arte è un lusso, sempre è un lusso, inutile dire: "E’ possibile che qualche cosa sia bello ed utile nel contempo". E’ possibile, materialmente, che lo stesso oggetto sotto un aspetto sia bello, sotto un altro sia anche utile, però in quanto è bello, non è utile, in quanto utile, non è bello.
E’ per questo che solo i sensi più emancipati dalla materialità sono in grado di percepire il bello. Solo l’uomo ha sviluppato l’estetica, San Tommaso è convinto di questo. Solo i due sensi più spirituali ne sono capaci, che sono la vista e l’udito. L’olfatto, il tatto, il gusto partecipano in maniera molto oscura e molto ridotta. C’è chi dice che gli animali sono utilitaristi, un leone non si rallegra del muggito di un bue, è solo una preda. Tanto meno si rallegra di una sinfonia, la quinta di Beethoven, perché naturalmente non ci vede la preda. Invece l’uomo, il quale ha questa emancipazione della vista e dell’udito dalla pura utilità, legata al senso tattile, al puro istinto nutritivo e sessuale, l’uomo che si eleva al di sopra di questi istinti, ha questa emancipazione dei sensi e quindi la possibilità di godere del piacevole per sé stesso. Benché, sia detto fra parentesi, io abbia sentito dire che hanno trasmesso la musica rock a dei pesciolini e sembra che abbiano protestato. Pare che abbiano anche loro il buon gusto.
(Omelie di P. Tomas Tyn su San Tommaso d'Aquino).
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