Il grande caos, non mi viene in mente nient'altro! Visti i risultati in tanti decenni di Repubblica, affermo, senza dubbi o tentennamenti che i cattolici presenti nello scenario politico italiano hanno solamente creato caos, disordine, ma soprattutto arrecato gravi danni alla salute morale del tessuto sociale italiano. Essi si sono affacciati sulla scena politica italiana, in modo incisivo, compatto, numeroso con l'avvento della 'Democrazia Cristiana', che ha dominato, come unico, grande partito, fino alla fine della cosiddetta Prima Repubblica gettando l'Italia nel baratro del nulla e del caos tra corruzione, illegalità, ruberie e malaffare. Purtroppo la lista dei mali che sono riusciti a perpetrare non si risolve qui. Il loro contributo negativo alla società italiana ed alla politica è cominciato con l'ormai famoso discorso dell'allora premier in carica A. Moro, pronunciato il 20 luglio del 1975, al Consiglio nazionale della Democrazia cristiana: ‘La ritrovata natura popolare del
partito induce a chiudere nel riserbo delle coscienze alcune valutazioni
rigorose, alcune posizioni di principio che sono proprie della nostra esperienza
in una fase diversa della vita sociale, ma che fanno ostacolo alla facilità di
contatto con le masse e alla cooperazione politica. Vi sono cose che, appunto,
la moderna coscienza pubblica attribuisce alla sfera privata e rifiuta siano
regolate dalla legislazione e oggetto di intervento dello Stato. Prevarranno
dunque la duttilità e la tolleranza’.
Nulla di più deleterio è stato mai pronunciato dalla bocca di un cattolico!
Il cattolico non ha un modo diverso di pensare e di agire nella sfera privata ed in quella pubblica: non esiste scollamento tra coscienza privata e pubblica. Egli non può rinnegare nella sfera pubblica ciò che nella sua coscienza è fondamento dell'intero vissuto, ciò che il Signore ha impresso nel cuore col battesimo: la fede!
Purtroppo, quel discorso nefasto, ha segnato, da allora fino ai nostri giorni, un 'modus vivendi' schizofrenico, e non solo, ma ha contribuito al dilagare del peccato. Sì, perchè si tratta proprio di peccato! Il peccato non ha soltanto valenza religiosa, ma anche e soprattutto sociale, non crea danno solo al credente ma all'intero organigramma sociale. Esso è come una nota stonata, rovina l'intero pezzo, con disappunto di tutte le orecchie in ascolto!
Il peccato commesso ha sempre lo stesso peso, crea lo stesso disordine e la stessa ingiustizia da chiunque esso venga commesso, credente o non credente. Può avere nomi diversi che la sensibilità o il credo di ognuno può attribuirgli, ma il danno sarà sempre lo stesso.
L'esempio più concreto e illuminante lo rende la scellerata legge 194 del 22 maggio 1978 (la legge sull'aborto)(che porta la firma esclusivamente di uomini politici cattolici, cinque dello scudo crociato: il Presidente del Consiglio Giulio Andreotti e i ministri Tina Anselmi,
Francesco Bonifacio, Tommaso Morlino, Filippo Maria Pandolfi).
I membri dell’esecutivo della Dc avrebbero potuto dimettersi piuttosto che
firmare una legge assolutamente inaccettabile, ma rimasero al loro posto ‘per il
bene del Paese’. Il Capo dello Stato, anch’egli democristiano, Giovanni Leone,
avrebbe potuto rimandare la legge 194 alle Camere per sospetta
incostituzionalità, senza nemmeno dover rassegnare le dimissioni, in base
all’articolo 74 della Costituzione. Invece, dopo soli quattro giorni
firmò.
Il discorso di Moro ha fatto storia! Da allora vige la strategia del dialogo, della tolleranza, del compromesso, della ricerca del male minore. Questo è quello che per decenni i cattolici in politica, oggi si chiamano Prodi, Bindi, Casini, ecc, tutti cattolici adulti, hanno messo in pratica. Grazie a questo modo di pensare e vedere le cose la comunità italiana ha ottenuto l'aborto, il divorzio, la pillola del giorno dopo, la RU486, la diagnosi prenatale e pre-impianto di stampo eugenetico, ed otterrà l'eutanasia, il testamento biologico che favorirà il suicidio, il matrimonio tra omosessuali e la loro possibilita di adottare bambini.
I cattolici in politica non hanno fatto altro che favorire il dilagare della mentalità relativista ed atea, ormai intessuta nella trama, culturale e sociale, italiana.
Mi chiedo se, allo stato attuale delle cose, sia ancora possibile un'inversione di rotta.