La mia Terra di Mezzo

Tra un fonendo ed una tazza, scorre la mia Terra di Mezzo, il mio presente.....Le porte? Si possono aprire, spalancare sul mondo, ma si possono anche chiudere, per custodire preziosi silenzi e recondite preghiere....





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venerdì 28 novembre 2014

Allarme pedofilia

Purtroppo nel mondo, ed anche nella nostra Europa, sta aumentando vertiginosamente l'interesse verso la pedofilia. Sappiamo che esistono organismi ONU che avallano la pedofilia al punto da accettare nel proprio interno organizzazioni dal chiaro profilo pedofilo. È il caso del Kinsey Institute - un istituto di ricerca su sesso, genere e riproduzione - accreditato come organo consultivo dal Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC). (Clicca qui per saperne di più). Tali organismi mirano a creare una cultura della pedofilia a partire dall'educazione precoce dei bambini. Anche in casa Italia purtroppo esistono politici che sono favorevoli a tale aberrante pratica ed alla sua depenalizzazione.
 
Leggo e riporto da http://www.notizieprovita.it questo scioccante articolo del dott. Antonio Brandi dal titolo: Ci vogliono far credere che l’omosessualità è “naturale”, e così anche la pedofilia.
 
Se ancora qualcuno tra i nostri lettori pensa che siamo eccessivamente allarmisti, legga con attenzione gli articoli che trova in Primo Piano (magari integrandoli con la mole veramente imponente di documenti pubblicati on line su www.notizieprovita.it): ci stiamo avviando a grandi passi verso la legalizzazione della pedofilia. Illustri professori, sociologi e psichiatri, educatori, assistenti sociali, intellettuali e politici, pubblicamente e apertamente, in consessi di prestigio internazionale (da ultimo una conferenza a Cambridge dell’estate scorsa), sostengono apertamente che la pedofilia è normale, per uomini normali. Se non c’è violenza, e con la dovuta “educazione”, per i bambini è piacevole e naturale intrattenere rapporti sessuali, anche con gli adulti.
I pedofili sono una categoria ingiustamente demonizzata. Se Richard Dawkins sostiene che una “moderata pedofilia” non dovrebbe essere giudicata severamente, l’American Psychiatric Association l’ha derubricata da malattia, a disturbo, e da disturbo a preferenza sessuale. Anzi, al termine “pedofilo” va sostituita l’espressione “adulto attratto da minore”: bisogna evitare gli stereotipi e le stigmatizzazioni sociali (!). Associazioni apertamente pedofile come NAMBLA e B4U-ACT o il partito pedofilo olandese Stitching Martijn, hanno mano libera: invano, Don Fortunato Di Noto, fondatore dell’ OSMOCOP (Osservatorio Mondiale Contro la Pedofilia e la pedopornografia) e dell’associazione Meter, da più di 20 anni denuncia che migliaia di bambini, anche neonati, subiscono cose indescrivibili, e le loro immagini vengono pubblicate su internet per soddisfare l’eccitazione malata di orchi e affini.
Anche l’arte viene utilizzata come alibi per sdoganare la pedofilia: le sculture pedopornografiche dei fratelli Chapman sono esposte nei musei e spettacoli con scene erotiche tra adulti e bambini sono applauditi dagli intellettuali di grido che frequentano i festival Gender Bender. L’ILGA e l’Istituto Kinsey, ricevono regolarmente finanziamenti anche con denari pubblici dell’UE (quindi soldi miei e vostri), e sono accreditati tra i consulenti dell’ONU. La loro opera è stata utile a stilare i famosi “Standard per l’educazione sessuale in Europa” dell’OMS, diretti a insegnare ai bambini da 4 anni in su a masturbarsi, a toccarsi, a cambiare sesso…(qui)
Ma a chi giova, in pratica, la sessualizzazione precoce dei bambini? Per i media i pedofili sono esecrabili solo quando sono sacerdoti: in tutti gli altri casi coperture politiche e cortina di fumo mediatica impediscono che si faccia luce e si puniscano con la dovuta severità i responsabili di crimini bestiali: lo scandalo del Forteto, in Toscana, è solo un esempio( qui, qui e qui ).
Aborto, destrutturazione della famiglia, ideologia gender, omosessualismo, incesto e pedofilia, sono tra loro collegati. Occorre quindi agire in maniera organica con una battaglia a tutto campo, su tutti i fronti. Il sesso da o con i bambini è solo un altro confine repressivo da spazzare via, in nome della rivoluzione sessuale e libertaria che, contro ogni buon senso, contro la ragione e la legge naturale, si presenta con lo slogan obamiano “love is love”: basta che ci sia “l’amore”.
(Antonio Brandi)
 
Clicca qui per fermare il Kinsey Institute

Scuola ed indottrinamento teoria gender

 
Nelle Scuole Italiane, come nei maggiori Paesi d’Europa, stiamo assistendo alla progressiva approvazione di progetti che ricalcano un vero e proprio indottrinamento alla gender-theory, un costrutto ideologico orientato a promuovere l’indifferentismo sessuale (decostruzione del genere maschile e di quello femminile) e incentivare l’affettività e la sessualità, sin dall’infanzia, in ogni fase dello sviluppo del fanciullo con tecniche inappropriate e false rispetto alla realtà delle tappe di maturazione psico-affettiva del fanciullo (L’ideologia di genere ed. LMPT Italia 2013). Questi progetti, spesso mascherati dietro titoli quali “educazione alle differenze e al genere” o alla prevenzione e il contrasto del “bullismo o violenza di genere”, o alla “formazione dell’identità di genere”, “educazione affettiva” spesso sono inseriti nei POF, o nelle attività extra curriculari,  senza che i genitori vengano avvisati, nonostante il tema sia tanto delicato. Si potrebbe invocare il tentativo di reato di plagio, se non fosse che è in atto una vera e propria ‘normalizzazione’ per istituzionalizzare questo ‘indottrinamento’, quasi come una materia scolastica.
Prescisso ciò ci risulta evidente l’intento, formale o meno, di educare i nostri bambini e ragazzi  a questa ideologia, che nega la realtà biologica e antropologica dell’essere umano, irrispettosa del diritto dei discenti di essere istruiti alle categorie del reale. Per ultimo ma non per importanza,la strategia attuata per far ciò, lede chiaramente il diritto di libertà educativa dei genitori, sancita dalla nostra costituzione e dalla carta dei diritti.
Ricordando sempre  che dialogare serenamente con le Autorità scolastiche, è uno dei primi diritti (e doveri)dei  genitori, perché possano esercitare – come recita la Costituzione – la libertà di educazione verso i propri figli, la Manif Pour Tous Italia, nel proseguire con tutte le forze la difesa della famiglia e soprattutto dei superiori interessi del fanciullo, attiva tutte le risorse.
Grazie all’aiuto del sempre in prima linea Avv. Pillon (consigliere nazionale del Forum delle Associazioni Familiari), infatti, La Manif Pour Tous Italia propone a tutti i genitori uno strumento validissimo per rispondere a questo attacco. Andare sul sito ufficiale de LA MANIF POUR TOUS ITALIA, per restare informati su tutto ciò che sta avvenendo nelle scuole italiane http://www.lamanifpourtous.it/sitehome/
 
Testo tratto dal sito ufficiale de LA MANIF POUR TOUS ITALIA (CLICCA qui PER SCARICARE IN PDF LA LETTERA DA CONSEGNARE AL DIRIGENTE SCOLASTICO) 
  
 

giovedì 27 novembre 2014

Vieni, Signore


O Signore,
che inondi di stupore la luce dei  miei occhi,
mostrati a me,
nel misero che tende la mano
nel malato che cerca sollievo
nello sguardo di un bambino avido di tenerezza.
Piega il tuo Cielo sui tuoi figli,
vieni ad illuminare le tenebrose pieghe della vita,
trafiggici il cuore con la Tua maestosa Bellezza.


mercoledì 26 novembre 2014

Ancora un omaggio all'autunno.......

 
 
 
 
 
 
 
..........all'arte ed alle donne che con la natura ne condividono la bellezza!

Prima che arrivi il gelo



Herbst
Die Blätter fallen, fallen wie von weit,
als welkten in den Himmeln ferne Gärten;
sie fallen mit verneinender Gebärde.

Und in den Nächten fällt die schwere Erde
aus allen Sternen in die Einsamkeit.

Wir alle fallen. Diese Hand da fällt.
Und sieh dir andre an: es ist in allen.

Und doch ist Einer, welcher dieses Fallen
unendlich sanft in seinen Händen hält.

(Reiner Maria Rilke)



                      Autunno
Le foglie cadono, cadono come
da lontano, come da remoti giardini
che avvizziscono in cielo,

con gesto che nega esse cadono. 

E nelle notti, grave, anche la terra
cade dagli astri, in solitudine.


Cadiamo tutti. Questa mano cade.
osserva gli altri, vedi, in tutti accade.


Eppure esiste Qualcuno che nelle sue mani,
con dolcezza infinita,

tiene tutto questo cadere senza fine.

 

 

martedì 25 novembre 2014

Senza Dio

Chi sono io per giudicare? Preferisco, in questo momento, lasciare la retorica ad altri personaggi, ai politicamente corretti di stile radical-chic, infarciti di buonismo melenso, ammuffito e nauseante e che sanno districarsi meglio nei meandri della confusione teologica in odore di eresia.  Io posso anche non essere nessuno nella scena del mondo, ma so di avere un'intelligenza, una coscienza, una dignità, un ruolo, so di essere una donna, so di essere una creatura di Dio, appartengo alla Santa Chiesa Cattolica Apostolica e Romana e come tale ho il dovere di difendere i diritti di Dio e dei deboli, e come tale ho il dovere di giudicare! Sì, il dovere di giudicare e di discriminare. Cosa vuol dire giudicare se non valutare, considerare, esprimere una valutazione? Cosa vuol dire discriminare se non distinguere, discernere? Ebbene, non dobbiamo forse davanti a tante situazioni della vita, considerare e discernere? Tra il bene ed il male, un'azione buona ed una malvagia sia nostra che degli altri? Non possiamo restare indifferenti soprattutto davanti ad un'azione che è intrinsecamente malvagia, non possiamo, soprattutto quando a cadere sotto i colpi della violenza e dell'aberrazione sono gli indifesi. Come si può stare in silenzio davanti alla cattiveria di una madre che getta nella spazzatura la propria bambina appena partorita?
E' successo a Palermo: la donna avrebbe affermato di essersi disfatta della piccola dopo il parto perché la credeva morta, gettandola in un cassonetto. Semplicemente come si fa con un sacchetto della spazzatura! La donna è già madre di tre bambini. La neonata è morta. Questo è lo squallore di una persona e di una coscienza senza Dio.
Non ha importanza il fatto che la credesse morta, o che sia andata nel panico, come ha affermato. Non hanno importanza. Era la sua bambina, carne della sua carne, sangue del suo sangue e non aveva, questa bambina piccola ed indifesa, forse il diritto ad avere una degna sepoltura? Che male aveva fatto per essere considerata spazzatura ed essere abbandonata come un sacchetto, dentro un cassonetto?
Ma la bambina non era morta, come la madre snaturata, ha voluto far credere agli inquirenti, infatti i passanti che l'hanno soccorsa hanno sentito i suoi vagiti, tra la puzzolente immondizia. La bimba era viva, è nata viva!
Non posso stare qui a sprecare fiumi di parole per cercare di capire questa donna, per giustificare il suo inqualificabile, orribile, cattivo, disumano gesto. Non voglio, non posso, non debbo. Le uniche parole che ho per questa donna è di chiedere perdono a Dio e vivere il resto della sua vita nel pentimento, nella mortificazione e tra le lacrime per meritarsi il Paradiso perduto. Tutta la mia pietà per la piccolina, tutta la mia riprovazione per la donna che disgraziatamente è considerata sua madre, insieme alle mie preghiere. 
Riposa in pace, piccina, tra le tenere braccia di Dio, Signore della vita, che in terra la tua mamma ti ha negato, prega per lei e per tutti noi affinché capiamo l'inestimabile valore e dignità della vita umana, sempre da difendere e tutelare da ogni cattiveria e disumanità. Amen.  

lunedì 24 novembre 2014

La terza, quarta e quinta piaga


La terza piaga, sono le nuove preghiere dell'offertorio.
Esse sono una creazione interamente nuova e non sono mai state usate nella Chiesa. Esse esprimono meno l'evocazione del mistero del sacrificio della croce che quella di un banchetto, richiamando le preghiere del pasto ebraico del sabato. Nella tradizione più che millenaria della Chiesa d'Occidente e d'Oriente, le preghiere dell'offertorio sono sempre state espressamente incardinate al sacrificio della croce (cf. p. es. Paul Tirot, Storia delle preghiere d'offertorio nella liturgia romana dal VII al XVI secolo, Roma 1985). Una tale creazione assolutamente nuova è senza nessun dubbio in contraddizione con la formulazione chiara del Vaticano II che richiama « Innovationes ne fiant … novae formae ex formis iam exstantibus organice crescant » (Sacrosanctum Concilium, 23).
 
La quarta piaga è la sparizione totale del latino nell'immensa maggioranza delle celebrazioni eucaristiche della forma ordinaria nella totalità dei paesi cattolici. È una infrazione diretta contro le decisioni del Vaticano II.
 
La quinta piaga è l'esercizio dei sevizi liturgici di lettori e di accoliti donne, così come l'esercizio degli stessi servizi in abito civile penetrando nel coro durante la Santa Messa direttamente oltre lo spazio riservato ai fedeli.
Quest'abitudine non è giammai esistita nella Chiesa, o per lo meno non è mai stata la benvenuta. Essa conferisce alla messa cattolica il carattere esteriore di qualcosa di informale, il carattere e lo stile di un'assemblea piuttosto profana.
Il secondo concilio di Nicea vietava già, nel 787, tali pratiche, redigendo questo canone: «Se qualcuno non è ordinato, non gli è permesso fare la lettura dall'ambone durante la santa liturgia», (can. 14). Questa norma è stata costantemente rispettata nella Chiesa. Solo i suddiaconi o i lettori avevano il diritto di fare la lettura durante la liturgia della Messa. Al posto dei lettori e accoliti mancanti, sono uomini o ragazzi in veste liturgica che possono farlo, e non donne, essendo un dato di fatto che il sesso maschile sul piano sacramentale dell'ordinazione non sacramentale dei lettori ed accoliti, rappresenta simbolicamente il primo legame con gli ordini minori.
 
(Mons. Athanasius Schneider)

venerdì 21 novembre 2014

La seconda piaga

Continuo con l'intervista a Mons. A. Schneider sulle piaghe del Corpo Mistico liturgico di Cristo. Il tema è abbastanza spinoso, perché mette il dito, davvero, su una piaga che affligge l'intero popolo cattolico, soprattutto praticante ed osservante, quello cioè del pericolo della secolarizzazione, dell'accoglienza della mondanità, che porta, inevitabilmente alla banalizzazione ed alla desacralizzazione della vita, della preghiera, di ogni rito sacro ed in modo particolare alla spettacolarizzazione della Santa Messa, riducendola ad un incontro festoso di preghiera, dove protagonisti sono i fedeli ed il sacerdote. 

'La seconda piaga è la comunione sulla mano diffusa dappertutto nel mondo.
Non soltanto questa modalità di ricevere la comunione non è stata in alcun modo evocata dai Padri conciliari del Vaticano II, ma apertamente introdotta da un certo numero di vescovi in disobbedienza verso la Santa Sede e nel disprezzo del voto negativo nel 1968 della maggioranza del corpo episcopale. Solo successivamente papa Paolo VI l'ha legittimata controvoglia, a condizioni particolari.
Papa Benedetto XVI, dopo la Festa del Corpus Domini 2008, non ha più distribuito la comunione che a fedeli in ginocchio e sulla lingua, e ciò non soltanto a Roma, ma anche in tutte le chiese locali alle quali ha reso visita. Attraverso ciò egli donò all'intera Chiesa un chiaro esempio di magistero pratico in materia liturgica. (Card. Athanasius Schneider)'.
 
A tal proposito la mia esperienza potrebbe essere illuminante per qualcuno. Io sin dalla nascita ho fatto la spola tra la Germania (Paese dove sono nata) e la Sicilia ma quando avevo nove anni la mia famiglia si è trasferita in Puglia, a Modugno, un paese in provincia di Bari e proprio qui ho fatto la Prima Comunione. Da allora in poi ho sempre preso l'ostia consacrata in bocca, non in ginocchio perché non si usava ed io non ero a conoscenza di questa modalità. All'età di 13 anni, riecco un altro trasferimento e mi ritrovo di nuovo in Germania. Qui sono entrata in contatto con una nuova realtà: ho visto che i fedeli (sia Tedeschi che Italiani)avevano l'abitudine di prendere l'ostia sulla mano e così mi sono adeguata, senza farmi tanti scrupoli né domande. La Chiesa da me frequentata era un edificio moderno, di mattoni rossi (orribile!) e senza balaustra che dividesse l'altare maggiore dal resto. La Messa era officiata da un sacerdote italiano. Però quando partecipavo ad una Messa tedesca in una Chiesa con la presenza della balaustra, vedevo tanti Tedeschi inginocchiarsi qui e prendere l'Ostia in ginocchio, questo soprattutto nelle festività, tipo Natale e Pasqua. Ebbene, confesso che questa modalità mi affascinava......non l'avevo mai vista! Sicuramente da piccina sì, l'avrò vista, ma purtroppo non ne portavo memoria. Ritornata in Italia, all'età di 19 anni, ho trovato una realtà cambiata, anche qui la comunione in mano era ormai una prassi e siccome io ero abituata in questo modo non mi fu difficile continuare così, fino a quando non cominciai a notare che non tutti usavano questo modo, soprattutto a Roma, soprattutto i più devoti. Allora mi misi ad esaminare bene la questione e finalmente capii che era un abuso e sono tornata a prendere l'Ostia consacrata in bocca e, quando mi è possibile, anche in ginocchio.     
 
LA PRIMA PIAGA QUI
 
Sul sito della Santa Sede (qui) si trova un breve scritto sull'opportunità di ritornare alla buona abitudine di comunicarsi in bocca ed in ginocchio, per un duplice motivo:
 
1) evitare al massimo la dispersione dei frammenti eucaristici
2) favorire la crescita della devozione dei fedeli verso la presenza reale di Cristo nel Santissimo Sacramento.
 
E' vero che tanti fedeli prendono la Comunione in mano con tanta devozione e tanto amore, ma ciò non toglie che possano andare dispersi dei frammenti e che si possa incorrere nel rischio di commettere lo stesso un abuso o un sacrilegio.
 
Ho visto gente devota rigirarsi l'Ostia nella mano, baciarla, contemplarla prima di metterla in bocca. Ho visto gente meno devota andare a prendere la Comunione con una gomma da masticare in bocca; ho visto gente prendere l'Ostia in mano e poi non portarla alla bocca (e che solo su mia pressione lo hanno fatto); ho visto gente prendere l'Ostia in mano e poi portarla alla bocca in modo rocambolesco; ho visto Ostie cadere per terra..............
 
Riflettere su questo credo sia importante, per la nostra vita spirituale e per la nostra salvezza eterna.  
 

giovedì 20 novembre 2014

Le cinque piaghe: la prima

In un'intervista il Vescovo Ausiliare di Astana mons. Athanasius Schneider, parlando della Santa Messa, (ne ho già scritto qui)dice che, in relazione alla riforma da parte del Concilio Vaticano II, sono stati purtroppo disattesi alcuni principi liturgici, il cui mancato rispetto  ha prodotto, nella pratica, le cinque piaghe del corpo mistico liturgico di Cristo.
 
La prima piaga, la più evidente, è la celebrazione del sacrificio della messa in cui il prete celebra volto verso i fedeli, specialmente durante la preghiera eucaristica e la consacrazione, il momento più alto e più sacro dell'adorazione dovuta a Dio. Questa forma esteriore corrisponde per sua natura più al modo in cui ci si comporta quando si condivide un pasto. Ci si trova in presenza di un circolo chiuso. E questa forma non è assolutamente conforme al momento della preghiera ed ancor meno a quello dell'adorazione. Ora questa forma, il concilio Vaticano II non l'ha auspicata affatto e non è mai stata raccomandata dal magistero dei papi post-conciliari.
 
Papa Benedetto XVI nella sua prefazione al primo tomo della sua Opera Omnia scrive: « l’idea che sacerdote e popolo nella preghiera dovrebbero guardarsi reciprocamente è nata solo nella cristianità moderna ed è completamente estranea in quella antica. Sacerdote e popolo certamente non pregano uno verso l’altro, ma verso l’unico Signore. Quindi guardano nella preghiera nella stessa direzione: o verso Oriente come simbolo cosmico per il Signore che viene, o, dove questo non fosse possibile, verso una immagine di Cristo nell’abside, verso una croce, o semplicemente verso il cielo, come il Signore ha fatto nella preghiera sacerdotale la sera prima della sua Passione (Giovanni 17, 1). Intanto si sta facendo strada sempre di più, fortunatamente, la proposta da me fatta alla fine del capitolo in questione nella mia opera: non procedere a nuove trasformazioni, ma porre semplicemente la croce al centro dell’altare, verso la quale possano guardare insieme sacerdote e fedeli, per lasciarsi guidare in tal modo verso il Signore, che tutti insieme preghiamo. ».

La forma di celebrazione in cui tutti portano il loro sguardo nella stessa direzione (conversi ad orientem, ad Crucem, ad Dominum) è anche evocata dalle rubriche del nuovo rito della messa (cf. Ordo Missae, n. 25, n. 133 et n. 134). La celebrazione che si dice «versus populum» certamente non corrisponde all'idea della Santa Liturgia tal quale è menzionata nelle dichiarazioni di Sacrosanctum Concilium n°2 e n° 8.

giovedì 13 novembre 2014

La sofferenza è la mia vocazione

Silvio Dissegna era solo un bambino di 12 anni quando la sua vita ebbe fine sulla terra, il 24 settembre 1979, per continuare in Paradiso. Era nato a Moncalieri, in provincia di Torino, il 1° luglio 1967. Un bambino come tanti, felice, allegro, che amava andare a scuola, al catechismo, giocare con gli amici e che da grande avrebbe voluto fare il maestro ed il calciatore. Il suo calvario inizia ancor prima di compiere 10 anni quando gli viene diagnosticato un tumore alle ossa, che affronterà in modo eroico tra cure dolorose e sofferenze indicibili, trovando consolazione e forza nella fede, nella Santa Comunione e nel Santo Rosario. Certo non mancarono momenti di tristezza e di pianto: Silvio era solo un bambino che voleva guarire per tornare alla sua vita felice. Ad un certo punto comprese di non essere un bambino come gli altri, che la sua sofferenza aveva un valore ed un significato, tanto da fargli desiderare di donare le sue sofferenze e di unirle a quelle di Gesù per la salvezza delle anime ed in riparazione dei peccati del mondo. Infatti con una maturità sorprendente arrivò a dire: 'La sofferenza è la mia vocazione'. Il Santo Padre ne ha riconosciute le virtù eroiche e lo ha dichiarato venerabile. Una bellissima e profonda lezione di vita in tempi bui come questi, dove l'eutanasia sembra l'unico modo per non voler affrontare il dolore e la sofferenza e non volersi aprire a Dio ed alla sua logica.  

lunedì 10 novembre 2014

L'ordinarietà nella straordinarietà

Ho sempre avuto un'ammirazione ed un affetto particolari per Natuzza Evolo, la mistica di Paravati e ne avevo già parlato in un precedente post (clicca qui). Questa donna mi ha conquistata e per tanti motivi. Sarà perché, pur nella sua vita straordinaria fatta di doni straordinari, ha cercato di intessere la sua quotidianità di sposa e di madre, accanto al marito ed ai figli, nell'ordinarietà. Sarà perché era calabrese, ed io con la Calabria ho un legame affettivo; sarà perché amava la Madonna; sarà perché era una donna umile ed affabile; sarà perché ha sofferto tantissimo; sarà perchè era un'ottima cuoca! Sono passati cinque anni dalla sua morte avvenuta il primo novembre del 2009 e, come stabilisce la Santa Chiesa, dopo cinque anni si può chiedere l'autorizzazione all'apertura della causa di beatificazione, cosa che Mons. Luigi Renzo, vescovo di Mileto, ha fatto nei giorni scorsi. La Santa Sede si riserverà tre o quattro mesi prima di dare un giudizio in merito, che se sarà positivo, vedrà l'avvio della causa di beatificazione di Natuzza fino all'elevazione agli onori degli altari. 
Sono già tante le persone che hanno ricevuto miracoli di guarigione per intercessione di Natuzza sia da viva che da morta, e questo nel processo conta, ma ciò che vale di più è la santità della sua vita, l'amore a Dio, la fedeltà alle sue leggi, il desiderio di perfezione nella quotidianità per santificare l'ordinarietà, la grande carità verso chiunque bussasse alla sua porta, la capacità di donarsi e di soffrire per la salvezza delle anime: un'altra santa che ci accompagnerà nel cammino della vita.

giovedì 6 novembre 2014

Sei principi disattesi

Fin da subito, dopo l'ascensione al cielo di Gesù, i primi cristiani, riuniti insieme agli apostoli ed ai discepoli, pregavano e lodavano il Signore con una liturgia che aveva già i lineamenti della Santa Messa: si faceva un atto penitenziale, si leggeva la Sacra Scrittura e si ripeteva il sacrificio del Corpo e Sangue di Cristo, in ottemperanza a quanto Gesù stesso aveva raccomandato la notte del giovedì santo, la notte dell'ultima cena. Durante il corso dei secoli essa non ha subito grandi rimaneggiamenti, fermo restando la varietà di riti, in Occidente ed in Oriente, fino al Concilio Vaticano II che ne ha cambiato la forma nel tentativo di renderla più 'comprensibile' al popolo cristiano, per farlo partecipare maggiormente al rito sacro, ma senza l'intento di alterarne la sostanza. Lo so, si dice che al Concilio si sia voluta stravolgere e cambiarne anche la sostanza, per 'empatia' con i Protestanti, che della Messa fanno un banchetto in ricordo dell'ultima cena di Gesù, ma io lì non c'ero, all'inizio del Concilio non ero ancora nata ed alla fine ero tanto piccina, ed ora, che ho avuto la possibilità di studiare i documenti conciliari, non voglio assimilarmi a questa corrente di pensiero, perché non fa bene alla mia fede, né tantomeno a quella di tutti i credenti. E' vero, purtroppo, ed è sotto gli occhi di tutti coloro che abbiano buon senso e capacità di discernimento, che la Santa Messa ai giorni nostri, senza voler generalizzare, non è più sentita né celebrata nel migliore dei modi. Ed è pur vero che il Santo Padre Benedetto XVI ha sentito la necessità di dover riportare il Rito Antico della Santa Messa (cioè quello pre-conciliare o Tridentino)al posto che gli spetta; esso non è stato abolito con la riforma della Liturgia da parte del Concilio Vaticano II ed anche dopo è sempre stato lecito celebrarlo. Il 'Motu proprio' del Santo Padre ha però fatto affiorare rancori, creato dissapori ed alimentato polemiche tra cattolici 'conservatori' detti altrimenti 'tradizionalisti' e cattolici 'progressisti'. Gli uni nostalgici del rito antico, gli altri sempre aperti ad ogni forma di novità. Non comprendo come noi cattolici, fratelli nella fede, possiamo alimentare inutili e sterili polemiche, quando dovremmo invece stare uniti contro la secolarizzazione imperante che avanza dentro la quale rischiamo di essere tutti vorticosamente inghiottiti. Padre Giovanni Cavalcoli, in un articolo pubblicato sul blog La voce di don Camillo (qui) ci esorta a non litigare sulla Santa Messa e tra le altre cose dice: 
'La Messa vetus ordo (rito antico)favorisce l’elevazione dello spirito, accentua l’aspetto del sacrificio, la simbologia mistica del sacro, del mistero e della trascendenza, il celebrante appare di più come mediatore delle realtà celesti; la Messa novus ordo (post-conciliare)sottolinea il sacerdozio del popolo di Dio e la sua partecipazione attiva, l’aspetto comunitario ed escatologico del banchetto messianico, la chiarezza dei segni, dei linguaggi e dei simboli adatti alle varie culture, l’orientamento ecumenico, l’aspetto festoso: tutte cose lecite e sante che evidentemente non possono esser espresse tutte assieme in un unico rito perché per alcuni aspetti si escludono a vicenda'. (Padre Giovanni Cavalcoli)
Ma, se è vero ciò che il Padre scrive, è pur vero che sulla Santa Messa di oggi si pone l'accento solo sul banchetto eucaristico e sulla festa, sulla celebrazione comunitaria e sulla partecipazione troppo attiva dei fedeli che, a furia di monizioni, spiegazioni delle varie fasi della Messa, prove di canto, senza considerare le libere interpretazioni del sacerdote con omelie in dialetto e tanto di barzellette, la fanno assomigliare più ad una trasmissione televisiva o ad una piece teatrale, piuttosto che ad un santo sacrificio, disattendendo le linee guida che la SACROSANTUM CONCILIUM  aveva dettato in materia. 
  
Il Concilio Vaticano II infatti ha emesso, riguardo ad una riforma liturgica, i seguenti principi:
  1. Durante la celebrazione liturgica, l'umano, il temporale, l'attività, devono orientarsi al divino, all'eterno, alla contemplazione e avere un ruolo subordinato in rapporto a questi ultimi (Sacrosanctum Concilium, 2).
  2. Durante la celebrazione liturgica, si dovrà incoraggiare la presa di coscienza che la liturgia terrestre partecipa della liturgia celeste (Sacrosanctum Concilium, 8).
  3. Non deve esserci alcuna innovazione, dunque alcuna nuova creazione di riti liturgici, soprattutto nel rito della messa, tranne se ciò è per un frutto vero e certo in favore della Chiesa, e a condizione che si proceda con prudenza sul fatto che eventuali forme nuove sostituiscano in maniera organica le forme esistenti (Sacrosanctum Concilium, 23).
  4. I riti della Messa devono esser tali che il sacro sia espresso più esplicitamente (Sacrosanctum Concilium, 21).
  5. Il latino deve essere conservato nella liturgia e soprattutto nella Santa Messa (Sacrosanctum Concilium, 36 e 54).
  6. Il canto gregoriano ha il primo posto nella liturgia (Sacrosanctum Concilium, 116).
A tal riguardo Mons. Athanasius Schneider ha scritto:
    I padri conciliari vedevano le loro proposizioni di riforma come la continuazione della riforma di San Pio X (clicca qui - Sacrosanctum Concilium, 112 e 117) e del servo di Dio, Pio XII, e in effetti, nella costituzione liturgica, la più citata è l'enciclica MEDIATOR DEI di Papa Pio XII.
Se si guarda senza idee preconcette e in maniera obbiettiva la pratica liturgica della stragrande maggioranza delle chiese in tutto il mondo cattolico nel quale è in uso la forma ordinaria del rito romano, nessuno può negare in tutta onestà che i sei principi liturgici menzionati dal Concilio Vaticano II sono rispettati poco o niente addirittura. Ci sono un certo numero di aspetti concreti nell'attuale pratica liturgica dominante, nel rito ordinario, che rappresentano una vera e propria rottura con una pratica religiosa costante da oltre un millennio. Si tratta dei cinque usi liturgici seguenti che si possono considerare come le cinque piaghe del corpo mistico liturgico di Cristo. Si tratta di piaghe, perché rappresentano una violenta rottura col passato, perché mettono apertamente meno l'accento sul carattere sacrificale che è quello centrale ed essenziale della messa, mettono avanti il banchetto; tutto ciò diminuisce i segni esteriori dell'adorazione divina, perché esse mettono meno in rilievo il carattere del mistero in ciò che ha di celeste ed eterno.
(Mons. Athanasius Schneider - 15.01. 2012)

martedì 4 novembre 2014

Per i sacerdoti, e non solo

 
(...)Tutti siamo certamente deboli, lo ammetto, ma il Signore Dio mette a nostra disposizione mezzi tali che, se lo vogliamo, possiamo far molto. Senza di essi però non sarà possibile tener fede all'impegno della propria vocazione.
 
Facciamo il caso di un sacerdote che riconosca bensì di dover essere temperante, di dover dar esempio di costumi severi e santi, ma che poi rifiuti ogni mortificazione, non digiuni, non preghi, ami conversazioni e familiarità poco edificanti; come potrà costui essere all'altezza del suo ufficio?
(....)Se già qualche scintilla del divino amore è stata accesa in te, non cacciarla via, non esporla al vento. Tieni chiuso il focolare del tuo cuore, perché non si raffreddi e non perda calore. Fuggi, cioè, la distrazione per quanto puoi. Rimani raccolto con Dio, evita le chiacchiere inutili. (...)Dà sempre il buon esempio e cerca di essere il primo in ogni cosa. Predica prima di tutto con la vita e la santità, perché non succeda che, essendo la tua condotta in contraddizione con la tua predica, tu perda ogni credibilità. 
Eserciti la cura d'anime? Non trascurare per questo la cura di te stesso, e non darti agli altri fino al punto che non rimanga nulla di te a te stesso. Devi avere certo presente il ricordo delle anime di cui sei pastore, ma non dimenticarti di te stesso. (....)
Se celebri la Messa, medita ciò che offri.
(...) Se così faremo avremo la forza per generare Cristo in noi e negli altri.
(San Carlo Borromeo, vescovo - Acta Ecclesiae Mediolanensis 1599))     

domenica 2 novembre 2014

La notte dei morti: un dolce ricordo

 
Ho trascorso la mia infanzia a San Fratello, in Sicilia dove vivevo con i miei nonni materni ed una giovane zia ancora da sposare.  Ero una bimba allegra, tranquilla ed ubbidiente, ma il fatto stesso di essere 'un'orfana dell'emigrazione', cioè lasciata in custodia ai nonni affinchè anche mia madre potesse lavorare in terra straniera, dopo aver sposato mio padre, faceva di me una bambina ultra privilegiata, da coccolare e crescere con amore e cura. Di me si prendeva cura anche l'intero vicinato, ero la beniamina di tutti. Sono cresciuta in un clima di serenità, accanto alla mia adorata nonna, il cui ricordo non mi abbandona un momento. Le mie radici sono affondate nella terra Sanfratellana e ne ho assimilato la lingua, gli usi, i costumi e le tradizioni. Ed è proprio di una di queste tradizioni che desidero scrivere.
La notte tra il primo novembre ed il due era per me, quand'ero ancora bambina (come per tutti i bambini di San Fratello), una notte molto particolare e speciale. Era la notte dei morti. Oh, ma nulla di lugubre e di spaventoso. Aspettavo che i morti, della nostra famiglia ed anche conoscenti, venissero a farmi visita per portarmi tante cose buone! Era l'attesa di un incontro, un incontro gioioso. In questo modo, noi bambini imparavamo a non avere paura dei morti, a sentirli presenti e vivi in mezzo a noi. Naturalmente sapevo che non li avrei visti perché sarebbero venuti di notte, alla chetichella, ma nonostante ciò, ero consapevole della loro visita, certissima della loro presenza quella notte in casa nostra. Come mai tanta sicurezza? Perché ogni anno era lo stesso, mai una delusione: al mattino, appena sveglia, mi precipitavo in cucina, sicura di trovare una sorpresa, il tavolo pieno di dolciumi e regali!!!!!! .
Quello era il segno che i defunti che erano in Cielo, miei conoscenti e soprattutto mio nonno paterno (all'epoca era l'unico defunto della mia famiglia) era venuto a farmi visita. Tutto questo mi lasciava una grande gioia ed il cuore colmo di gratitudine. Sapevo che i morti non erano morti ma continuavano a vivere in Cielo, con Gesù; che erano sempre accanto a me, che mi amavano, mi proteggevano e pregavano per me. Naturalmente la gioia per i regali era anche tanta, soprattutto per le caramelle colorate di cui ero golosa e poi c'erano i dolci tipici di San Fratello, i biscotti (le ossa di morto), frutta martorana, frutta secca, e poi qualche regalo utile, un paio di scarpe o di calze, un indumento di cui avevo bisogno in quel momento. Com'era bello! E noi bambini non vedevamo l'ora di far vedere tutto al resto della famiglia. Mi ricordo i sorrisi di mia nonna e di mia zia nel vedere la mia esultanza davanti a quel tavolo con i doni! Questo era un giorno che aspettavo con curiosità, trepidazione e letizia e la sera di Ognissanti non riuscivo a prendere sonno nell'attesa dei miei morti. In modo particolare mi assillava una domanda: come avrebbero fatto ad entrare in casa se tutte le imposte erano chiuse? Allora la mia immaginazione di bambina ingenua si dava una risposta: ero convinta che entrassero dalla serratura della porta; semplicemente così! 
Da allora sono trascorsi molti anni ed insieme ai miei anni sono aumentati i cari che hanno lasciato questa terra. Non mi aspetto più i doni, non sono più così ingenua, ma credo ancora che i miei defunti non sono morti e che vivono in Cielo con Gesù, che sono sempre accanto a me, che mi amano, mi proteggono e pregano per me. Mio padre, mio suocero, i miei nonni, i miei zii e tanti altri ancora......non sono morti ma vivono......nell'eternità della Bellezza......