Sono profondamente scossa ed addolorata; ho saputo che ieri sera è morto, all'età di 46 anni, il Prof. Mario Palmaro: un grande testimone, cristiano esemplare, apologeta, militante per la vita ed un fedele discepolo di Gesù nel nostro tempo. Era malato da tempo di un male incurabile, sopportato con estremo coraggio ed amore. Viveva a Monza con la moglie Annamaria ed i figli Giacomo, Giuseppe, Giovanna e Benedetto. Laureato in Giurisprudenza e specializzato in Bioetica, filosofo del diritto, è stato docente presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Europea di Roma dove insegnava Filosofia del diritto, Filosofia Teoretica, Etica e Bioetica. E’ stato anche docente, fin dalla fondazione, nella Facoltà di Bioetica dell’Università Pontificia Regina Apostolorum di Roma, presidente nazionale dell’Associazione Comitato Verità e Vita e presidente della Sezione di Monza e Brianza dell’Unione Giuristi Cattolici. Redattore della rivista 'Il Timone' ed editorialista dei quotidiani 'il Foglio' e 'Libero'. Ha condotto per dieci anni su Radio Maria la rubrica “incontri con la Bioetica”. È stato direttore generale della Fondazione Emit Giacomo Feltrinelli, ente di formazione superiore di Milano. Ha pubblicato numerosi libri in coppia con Alessandro Gnocchi.
Tempo fa scrisse queste parole così profonde che mi colpirono al cuore: «La prima cosa che sconvolge della malattia è che essa si abbatte su di noi senza alcun preavviso e in un tempo che noi non decidiamo. Siamo alla mercé degli avvenimenti e non possiamo che accettarli. La malattia grave obbliga a rendersi conto che siamo davvero mortali; anche se la morte è la cosa più certa del mondo, l’uomo moderno è portato a vivere come se non dovesse morire mai. Con la malattia capisci per la prima volta che il tempo della vita quaggiù è un soffio, avverti tutta l’amarezza di non averne fatto quel capolavoro di santità che Dio aveva desiderato, provi una profonda nostalgia per il bene che avresti potuto fare e per il male che avresti potuto evitare. Guardi il crocifisso e capisci che quello è il cuore della fede: senza il Sacrificio il cattolicesimo non esiste. Allora ringrazi Dio di averti fatto cattolico, un cattolico “piccolo piccolo”, un peccatore, ma che ha nella Chiesa una madre premurosa. Dunque, la malattia è un tempo di grazia, ma spesso i vizi e le miserie che ci hanno accompagnato durante la vita rimangono, o addirittura si acuiscono. È come se l’agonia fosse già iniziata, e si combattesse il destino della mia anima, perché nessuno è sicuro della propria salvezza. D’altra parte, la malattia mi ha fatto anche scoprire una quantità impressionante di persone che mi vogliono bene e che pregano per me, di famiglie che la sera recitano il rosario con i bambini per la mia guarigione, e non ho parole per descrivere la bellezza di questa esperienza, che è un anticipo dell’amore di Dio nell’eternità. Il dolore più grande che provo è l’idea di dover lasciare questo mondo che mi piace così tanto, che è così bello anche se così tragico; dover lasciare tanti amici, i parenti; ma soprattutto di dover lasciare mia moglie e i miei figli che sono ancora in tenera età. Alle volte mi immagino la mia casa, il mio studio vuoto, e la vita che in essa continua anche se io non ci sono più. È una scena che fa male, ma estremamente realistica: mi fa capire che sono, e sono stato, un servo inutile, e che tutti i libri che ho scritto, le conferenze, gli articoli, non sono che paglia. Ma spero nella misericordia del Signore, e nel fatto che altri raccoglieranno parte delle mie aspirazioni e delle mie battaglie, per continuare l’antico duello (M.P.)».
Con la morte del Prof. Mario Palmaro il mondo cattolico intellettuale perde un'altra preziosissima figura che ha speso la vita per la maggior gloria di Dio. Una prece