Sirmione, 1963
Caro Natalino, in “Epoca” è stata riportata una tua lettera, che la mamma mi ha trasmesso per mezzo delle mani. Sono sorda e cieca, perciò le cose, per me diventano abbastanza difficoltose. Anch’io, come te, ho ventisette anni, e sono inferma da tempo. Un morbo mi ha atrofizzata, quando stavo per coronare i miei lunghi anni di studio: ero laureanda in medicina, a Milano. Accusavo da tempo una sordità cui i medici stessi non credevano, all’inizio. E io andavo avanti così non creduta, e tuffata nei miei studi che amavo disperatamene. Avevo sedici anni quand’ero già iscritta all’Università. Poi il male mi ha completamente arrestata quando avevo quasi terminato lo studio. Ero all’ultimo esame, e la mia quasi laurea mi è servita solo per diagnosticare me stessa: perché, ancora, fino allora nessuno aveva capito di che si trattasse. Fino a tre mesi fa godevo ancora della vista: ora è notte. Però nel mio Calvario non sono disperata. Io so, che infondo alla via, Gesù mi aspetta. Prima nella poltrona, ora nel letto che è la mia dimora, ho trovato una sapienza più. grande di quella degli uomini. Ho trovato che Dio esiste ed è Amore, Fedeltà, Gioia, Fortezza, fino alla consumazione dei secoli. Fra poco io non sarò più che un nome, ma il mio spirito vivrà, qui fra i miei, fra chi soffre, e non avrò neppure io sofferto invano. E tu, Natalino, non sentirti solo, mai. Procedi serenamente lungo il cammino del tempo, e riceverai luce, verità, la strada sulla quale esiste veramente la Giustizia, che non è quella degli uomini, ma la giustizia che Dio solo può dare, le mie giornate non sono facili: sono dure, ma dolci, perché Gesù è con me, col mio patire, e mi dà soavità nella solitudine e luce nel buio. Lui mi sorride e accetta la mia cooperazione con Lui. Ciao, Natale, la vita è breve; passa velocemente. Tutto è una brevissima passerella, pericolosa per chi vuole sfrenatamente godere, ma sicura per chi coopera con Lui, per giungere in Patria. Ti abbraccio
Tua sorella in Cristo
Benedetta Bianchi Porro (8 agosto 1936 - 23 gennaio 1964)
Venerabile
Ecco come soffre un cattolico......e sicuramente non invoca l'eutanasia.
Conmovedor y emocionante.
RispondiEliminaUn beso grande.
AMALIA, la storia di Benedetta è molto commovente. Una bellissima ragazza, studentessa in Medicina che si ritrova poco prima della laurea ad essere colpita da una malattia tremenda (il morbo di Recklinghausen) che la farà diventare cieca e sorda e la porterà alla morte ancora giovane. Di lei è in atto il processo di beatificazione. Io ho conosciuto la sua storia proprio mentre ero all'Università. Una figura luminosissima che mi ha accompagnata negli studi. Un abbraccio
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