La mia Terra di Mezzo

Tra un fonendo ed una tazza, scorre la mia Terra di Mezzo, il mio presente.....Le porte? Si possono aprire, spalancare sul mondo, ma si possono anche chiudere, per custodire preziosi silenzi e recondite preghiere....





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giovedì 31 maggio 2018

Cristianesimo: salvezza o liberazione?

Traggo questo testo dall'ottimo ed interessante blog 'Oltre il giardino' di Sabino Paciolla.
(clicca qui SabinoPaciolla)
 
Riporto la relazione, libera, tenuta a braccio al convegno del 07 aprile 2018, “Chiesa cattolica, dove vai?”, dal prof. Marcello Pera, ordinario di Filosofia della scienza presso la università di Pisa, già presidente del Senato dal 2001 al 2006. E’ autore con l’allora card. Joseph Ratzinger del libro intitolato “Senza radici” , sulla questione delle radici cristiane dell’Europa. Infine nel 2008 ha scritto un libro intitolato: “Perché dobbiamo dirci cristiani”, nel quale esprime la sua preoccupazione per la nostra civiltà occidentale minata dal relativismo e dal nichilismo.

La relazione che segue è la mia trascrizione della registrazione audio e non è stata rivista dall’autore.
 
 
Grazie, buonasera a tutti, in dieci minuti mi è stato chiesto un intervento molto breve, cercherò di essere brevissimo, anche se gli argomenti che sono già stati trattati che sono qui in discussione sono tutti molto complessi e meriterebbero tutti quanti un grande approfondimento, ma mi limiterò ad alcune brevi osservazioni. Intanto una prima che considero di buon auspicio di essere invitato a parlare, e di ricordare il card. Caffarra, che era amico molto caro mio, come tutti voi. Di buon auspicio anche la sua importanza perché sono il terzo a parlare, perciò siccome Brandmuller è cardinale, direi che il mio amico Burke è cardinale, ed io sono il terzo e perciò posso ancora sperare nella carriera successiva.
 
Diceva il cardinale Caffarra che la situazione nella Chiesa è confusa, che solo un cieco potrebbe non vederla. Il cardinale Burke, Brandmuller e molti altri hanno aggiunto un altro aggettivo che la situazione è alquanto confusa e anche molto grave, e molto pericolosa. E io concordo con loro. Dalla mia prospettiva che, evidentemente, non è quella loro, una prospettiva di forte interesse e di attenzione, e non intendo aggiungere niente agli elementi in discussione che riguardano la confusione su questo o quel tema, è confuso ciò che si dice oggi sul matrimonio, è confuso quello che si dice sul sacerdozio, sull’etica sessuale, sui diritti non negoziabili, su una serie di cose che sono diventate apparentemente erano chiare e sono diventate confuse, no io voglio fare una domanda molto più alle spalle di queste singole confusioni, cioè in che cosa consiste veramente la confusione oggi, nella Chiesa cattolica, per coloro che naturalmente la denunciano come confusione, e da cosa nasce e da dove viene fuori questa confusione. Non ho tempo di parlare del secondo argomento, faccio solo un breve riferimento, se uno pensa, secondo me, che l’attuale confusione sia derivata o responsabilità primaria ed esclusiva  di papa Francesco, secondo me commette un errore storico, perché la confusione, quella confusione, almeno a quella a cui faccio riferimento, è anche anteriore a quella che papa Francesco aveva portato di suo contributo.
 
La confusione la dico un pò brevemente, anche un po’ schematicamente, per questo di ciò mi scuso, la confusione riguarda la natura del messaggio cristiano.
 
E la pongo con questa domanda alternativa: il messaggio cristiano è un messaggio di salvezza o è un messaggio di liberazione?
 
E’ un linguaggio escatologico o è un linguaggio ideologico?
 
Voi capite che la differenza è profonda. Un messaggio di salvezza, intanto riguarda tutti e ciascuno, e tutti e ciascuno allo stesso modo. Non fa distinzione. Il cardinale Burke citava Paolo ai Galati, è proprio Paolo ai Galati dice che non c’è giudeo non c’è schiavo né padrone, non c’è uomo né donna, e perciò non c’è ricco né povero, perciò non c’è immigrato né residente, e così via e così via. Il messaggio di salvezza riguarda tutti, ed è il medesimo per tutti. Il messaggio di liberazione è un’altra cosa. Il messaggio di liberazione riguarda alcuni, e non tutti allo stesso modo, perchè non tutti devono essere o possono essere egualmente liberati. Si libera la donna, non l’uomo. Si libera il debole, non il potente; il povero non il ricco; l’immigrato non il residente. Il linguaggio della liberazione fa una distinzione, e concepisce il destinatario del messaggio di Cristo in maniera diversa. Non è che rifiuti la salvezza, ma dice un’altra cosa. Il messaggio inteso come liberazione dice che la incarnazione di Cristo, e quindi la rivelazione di Dio, ha una funzione che riguarda questo mondo, o come si diceva, hoc saeculum, e non riguarda soltanto l’altro mondo.
 
E anzi, ciò che si fa in questo mondo, le ingiustizie che si tolgono da questo mondo, le sofferenze che si tolgono da questo mondo, le uguaglianze che si creano in questo mondo, tutto questo serve per la salvezza nell’altro mondo. Questo vuol dire interpretare il cristianesimo in una maniera mondana, in una maniera secolare, in una maniera rivolta al secolo e non all’altro mondo. Tanto che chi ritiene che il messaggio cristiano sia il messaggio della salvezza, ha anche la consapevolezza, la cruda consapevolezza, che il cristiano non può togliere le ingiustizie o le sofferenze dal mondo, non è compito suo.
 
Perché ha questa consapevolezza? Perché egli sa che  precipitato in questo secolo a motivo della ribellione a Dio, e cioè del peccato originale, che non è compito più suo togliere dal mondo in cui è precipitato quelle ingiustizie che non possono non esserci, perché il mondo del secolo è esattamente il mondo precipitato. Alla consapevolezza, alla amara consapevolezza, egli è impotente, anzi, a togliere le ingiustizie dal mondo, è impotente, e in questa interpretazione, è impotente anche Dio. Il quale tollit peccata mundi, ma non significa che le toglie, le elimina perché ha creato il mondo proprio per il mondo del peccato, cioè il mondo è caduto. Quindi non toglie, le prende su di sé, le assume sopra di sé. E consente a coloro che credono in lui di riscattarsi, pur nelle ingiustizie e pur nelle sofferenze.
 
Rovesciate la interpretazione, e adesso pensate non più alla escatologia, ma pensate alla ideologia, cioè pensate a che cosa fa il linguaggio del cristiano nel mondo nella prospettiva non della salvezza e vedrete che fa esattamente le cose opposte. Il cristiano si impegna a togliere le ingiustizie. Ascolta la voce del mondo, il grido del mondo che soffre, e ritiene di poter andare incontro alle ingiustizie ed alle sofferenze, traducendo il messaggio cristiano in un messaggio che è secolare o politico. E’ così che la Chiesa, non soltanto di Bergoglio, che è l’ultimo dei protagonisti di questa evoluzione o involuzione, è così che la Chiesa ha accolto le richieste del mondo secolare e le ha fatte proprie. E’ così che la Chiesa ha riconosciuto i diritti inderogabili della donna, dell’uomo, del bambino, dell’immigrato, dell’insofferente, cioè ha trasferito il messaggio dal terreno della salvezza al terreno della liberazione, con la convinzione che chi si impegna nella liberazione si acquisiscono meriti per la salvezza.
 
C’era un tempo in cui questa idea, cioè che si acquisiscono meriti per la salvezza impegnandosi con le proprie forze e con i propri sforzi nel mondo, c’era un tempo in cui questa cosa si chiamava pelagianesimo, ed era considerata una eresia.
 
Vedo che in questi ultimi tempi si sollevano domande nei confronti del papa Francesco a proposito di alcuni elementi di confusione che sfortunatamente lui ha introdotto anche su questo argomento, sulla esistenza dell’inferno, e tutti vorrebbero sapere dal papa se lui creda o no all’inferno. Io vorrei fare un’altra domanda che mi pare forse più decisiva di quella dell’esistenza dell’inferno. E cioè
 
Santità, la Chiesa oggi crede nel peccato originale?
 
Crede che il peccato originale non sia redimibile se non mediante la grazia di Dio?
 
Crede che dal peccato originale non si può essere redenti con le opere di giustizia, politiche o di carità?
 
Io credo che la confusione sia qui. Perché ci sono delle espressioni, delle prese di posizione che a me fanno pensare alla eresia pelagiana, alla convinzione che io mi salvo davanti a Dio perché mi impegno ad eliminare con le mie forze una ingiustizia del mondo.
 
Questa è secondo me è una visione ideologica che oggi è molto diffusa negli atteggiamenti, nelle parole, negli obiter dicta di questo pontefice, ma che sfortunatamente, a me pare, ha colpito la Chiesa negli ultimi tempi, non soltanto in questo secolo.
 
Oggi si dicono parole dentro la Chiesa, e si accolgono parole che fino ad ottanta, novanta anni fa erano considerate eresie.
 
Che cosa sta accadendo? Penso che stiamo attraversando una di queste fasi, una di queste fasi così rischiose, con la confusione e la gravità, ci stiamo trasformando, noi cristiani, in una filosofia largamente umanitaria, con connotazioni scritturali vaghe, interpretate quasi sempre ad hoc, tradotte quasi sempre ad usum Delphini e noi stiamo accettando questa forma di umanesimo che però non è, secondo il mio punto di vista, la religione, il messaggio cristiano della salvezza che dovrebbe caratterizzare tutti noi se non vogliamo diventare semplicemente una setta, o una classe o una sottospecie di una filosofia della liberazione come tante si sono avute.
 

mercoledì 30 maggio 2018

In persona Christi

“Dai sacerdoti i fedeli attendono soltanto una cosa:  che siano degli specialisti nel promuovere l’incontro dell’uomo con Dio.
 
Al sacerdote non si chiede di essere esperto in economia, in edilizia o in politica.
 
Da lui ci si attende che sia esperto nella vita spirituale.
 
A tal fine, quando un giovane sacerdote fa i suoi primi passi, occorre che possa far riferimento ad un maestro sperimentato, che lo aiuti a non smarrirsi tra le tante proposte della cultura del momento. Di fronte alle tentazioni del relativismo o del permissivismo, non è affatto necessario che il sacerdote conosca tutte le attuali, mutevoli correnti di pensiero; ciò che i fedeli si attendono da lui è che sia testimone dell’eterna sapienza, contenuta nella parola rivelata.
 
La sollecitudine per la qualità della preghiera personale e per una buona formazione teologica porta frutti nella vita.(...)
 
 
In realtà, si cresce nella maturità affettiva quando il cuore aderisce a Dio. Cristo ha bisogno di sacerdoti che siano maturi, virili, capaci di coltivare un’autentica paternità spirituale.
 
Perché ciò accada, serve l’onestà con se stessi, l’apertura verso il direttore spirituale e la fiducia nella divina misericordia.” (Benedetto XVI ai Sacerdoti – 25 maggio 2006)QUI

lunedì 28 maggio 2018

Deriva della gerarchia cattolica

Chi devia dal retto sentiero della dottrina e della prassi cattoliche non soltanto si rende inutile e stolto, ma corre pure il rischio di precipitare all’Inferno con tutti quelli che lo seguono.
 
Ma com’è possibile che buona parte della gerarchia cattolica sia venuta meno al suo compito e stia andando miseramente alla deriva?
 
Deve pur esserci una spiegazione. Un dato meramente cronologico indica che le attuali guide della Chiesa si sono formate – guarda caso – dopo il Concilio Vaticano II. In maniera sintetica, si può affermare che nell’ultimo mezzo secolo sono state imposte un’educazione teologica, una forma liturgica e una prassi pastorale che hanno assunto e incorporato la contraddizione, il soggettivismo e il relativismo, deformando la mente dei chierici e assuefacendola ad essi. E' così che anche gli avvenimenti più sconvolgenti possono essere “normalizzati” con una cortina fumogena di vuote parole e di volgare ipocrisia, regolarmente quanto clamorosamente smentite dagli atti. La casta clericale non ne è minimamente scossa, assorbita com’è dalla sua vita beata e gaudente; il suo cervello registra unicamente informazioni filtrate e ingentilite dal politicamente corretto dei quotidiani. Se mai fossero costretti a guardare in faccia la realtà, d’altronde, sarebbero colti da una crisi di panico, trovandosi totalmente sprovvisti delle risorse psicologiche e spirituali necessarie per far fronte alla temibile presa di coscienza. Questo mondo buono, progredito e civile, retto da apparati costituzionali, partiti omo-democratici, commissioni europee, agenzie delle nazioni unite, organizzazioni non governative, comunità di sant’egidio, gruppi abele e mafie varie, incarna i più alti ideali del loro umanesimo integrale.....cioè della nuova religione che ha sostituito quella cattolica.
 
QUI l'intero articolo di don Elia

venerdì 25 maggio 2018

Un modo gentile di nascondere la verità

L'arcivescovo di Philadelphia, Charles J. Chaput, il 23 maggio su 'First Things',ha rilasciato questa dichiarazione. 
 

Grazie a Dio, una voce coraggiosa nel contrastare la "protestantizzazione" della Chiesa cattolica, cioè quella generale deriva che molti vedono come tipica dell'attuale pontificato e che si sta attuando anche mediante il "depotenziamento" di sacramenti come il matrimonio, la confessione e, appunto, l'eucaristia.

di Charles J. Chaput
Chi può ricevere l'eucaristia, e quando, e perché, non sono solo domande tedesche. Se, come ha detto il Vaticano II, l'eucaristia è la fonte e il culmine della nostra vita di cristiani e il sigillo della nostra unità cattolica, allora le risposte a queste domande hanno implicazioni per tutta la Chiesa. Esse riguardano tutti noi. E in questa luce, offro questi punti di riflessione e di discussione, parlando semplicemente come uno dei tanti vescovi diocesani:
1. Se l'eucaristia è veramente il segno e lo strumento dell'unità ecclesiale, allora, se cambiamo le condizioni della comunione, non ridefiniamo di fatto chi e che cosa è la Chiesa?
2. Volutamente o no, la proposta tedesca inevitabilmente farà proprio questo. È il primo stadio di un'apertura della comunione a tutti i protestanti, o a tutti i battezzati, poiché alla fine il matrimonio non è l'unica ragione per consentire la comunione per i non cattolici.
3. La comunione presuppone una fede e un credo comuni, inclusa la fede soprannaturale nella presenza reale di Gesù Cristo nell'eucaristia, insieme ai sette sacramenti riconosciuti dalla tradizione perenne della Chiesa cattolica. Rinegoziando questa realtà di fatto, la proposta tedesca adotta una nozione protestante di identità ecclesiale.
Il semplice battesimo e una fede in Cristo sembrano sufficienti, non la credenza nel mistero della fede come inteso dalla tradizione cattolica e dai suoi concili. Il coniuge protestante dovrà credere negli ordini sacri come intesi dalla Chiesa cattolica, che li vede logicamente correlati alla fede nella consacrazione del pane e del vino come corpo e sangue di Cristo? O stanno suggerendo i vescovi tedeschi che il sacramento degli ordini sacri potrebbe non dipendere dalla successione apostolica? In tal caso, affronteremmo un errore ancor più profondo.
4. La proposta tedesca tronca il legame vitale tra la comunione e la confessione sacramentale. Presumibilmente essa non implica che i coniugi protestanti debbano andare a confessare i peccati gravi come preludio alla comunione. Ma questo è in contraddizione con la pratica perenne e l'insegnamento dogmatico esplicito della Chiesa cattolica, del Concilio di Trento e dell'attuale Catechismo della Chiesa cattolica, come pure del magistero ordinario. Ciò implica, come suo effetto, una protestantizzazione della teologia cattolica dei sacramenti.
5. Se l'insegnamento della Chiesa può essere ignorato o rinegoziato, compreso un insegnamento che ha ricevuto una definizione conciliare (come in questo caso, a Trento), allora tutti i concili possono essere storicamente relativizzati e rinegoziati? Molti protestanti liberali moderni mettono in discussione o respingono o semplicemente ignorano come bagaglio storico l'insegnamento sulla divinità di Cristo del concilio di Nicea. Ai coniugi protestanti sarà richiesto di credere nella divinità di Cristo? Se hanno bisogno di credere nella presenza reale di Cristo nel sacramento, perché non dovrebbero condividere la fede cattolica negli ordini sacri o nel sacramento della penitenza? Se credono in tutte queste cose, perché non sono invitati a diventare cattolici come modo per entrare in una visibile e piena comunione?
6. Se i protestanti sono invitati alla comunione cattolica, i cattolici saranno ancora esclusi dalla comunione protestante? Se è così, perché dovrebbero essere esclusi? Se non sono esclusi, non implica questo che la visione cattolica sugli ordini sacri e la valida consacrazione eucaristica siano in effetti false e, se false, che le credenze protestanti siano vere? Se l'intercomunione non intende implicare un'equivalenza tra le concezioni cattolica e protestante dell'eucaristia, allora la pratica dell'intercomunione distoglie i fedeli dalla retta via. Non è questo un caso da manuale di "causare scandalo"? E non sarà visto da molti come un modo gentile di ingannare o di nascondere insegnamenti ardui, nel contesto della discussione ecumenica? L'unità non può essere costruita su un processo che nasconde sistematicamente la verità delle nostre differenze.
L'essenza della proposta tedesca dell'intercomunione è che la santa comunione possa essere condivisa anche quando non c'è una vera unità della Chiesa.
Ma ciò colpisce il cuore stesso della verità del sacramento dell'eucaristia, perché per sua stessa natura l'eucaristia è il corpo di Cristo.
E il "corpo di Cristo" è sia la presenza reale e sostanziale di Cristo sotto le apparenze del pane e del vino, sia la stessa Chiesa, la comunione dei credenti uniti a Cristo, il capo. Ricevere l'eucaristia significa annunciare in modo solenne e pubblico, davanti a Dio e nella Chiesa, che si è in comunione sia con Gesù che con la comunità visibile che celebra l'eucaristia.

martedì 22 maggio 2018

La Chiesa malata di clericalismo

Cos'è il clericalismo?
Il clericalismo  è quando si desidera che il clero s’interessi di tutto e ingerisca in tutto.
La Chiesa attuale credo sia malata di clericalismo, in quanto ha snaturato la sua vocazione, la sua missione primaria, per la quale è stata voluta e fondata dal Signore, quella cioè di annunciare il Vangelo di Cristo, incarnato, morto e risorto per portare la salvezza alle anime.
 
La Chiesa moderna, si è trasformata in una presenza “mondana” e, siccome non avverte più, in modo urgente, l'annuncio per la salvezza delle anime, in quanto, al seguito di un pensiero modernista ed ecumenista, si è auto-convinta che tutti si salvino, è caduta inevitabilmente nel clericalismo onnipresente ed omnicomprensivo. 
 
Infatti se essa non deve più salvare le anime, cosa deve fare nel mondo? Ed ecco che la troviamo con le mani in pasta in tutte le faccende mondane, si riduce a fare troppo e di tutto, come un Ente assistenziale tra i tanti: niente di più niente, niente di meno di una ONG. Ecco saltare fuori i preti che seguono le mode, ubriachi di modernità, di novità e di ideologie, inchinati al mondo, esperti di assistenza sociale, politica, economia, sociologia. Preti che fanno tutto e troppo, tranne l'unica cosa necessaria: curare le anime e curarle amministrando la Grazia attraverso i Sacramenti e con l'annuncio della Parola di Dio. Il resto è un di più che potrebbe essere utile strumento -ma non indispensabile- solo se risulta essere finalizzato alla salvezza delle anime, che resta l'obiettivo primario per il sacerdote e per tutti i consacrati. 
 

 
 

mercoledì 16 maggio 2018

Ma i tempi non cambiano mai?

SS. Pio XI nell'Enciclica 'Exultavit cor nostrum'

"Di qui dobbiamo deplorare una caligine di errori diffusa nelle menti di molti;

una guerra aspra contro tutta la cattolicità e contro questa Sede Apostolica; l’odio terribile contro la virtù e l’onestà;

i peggiori vizi considerati onesti con nome menzognero;

una sfrenata licenza di tutto opinare, di vivere e di tutto osare;

l’insofferente intolleranza di qualsiasi autorità, potere o comando;

il disprezzo e il ludibrio per tutte le cose sacre, per le leggi più sante e per le migliori istituzioni;

una miseranda corruzione dell’improvvida gioventù;

una colluvie pestifera di cattivi libri, di libelli volanti, di giornali e riviste che insegnano a peccare;

il mortifero veleno dell’incredulità e dell’indifferentismo;

i moti di empie cospirazioni e ogni diritto, sia umano, sia divino, disprezzato e deriso.

E non Vi è ignoto, Venerabili Fratelli, quali ansietà, quali dubbi, quali esitazioni e quali timori sollecitino e angustino per conseguenza gli animi di tutti, specialmente dei benpensanti, poiché sono da temere i peggiori mali per il costume pubblico e privato allorché gli uomini, allontanandosi miseramente dalle norme della giustizia, della verità e della religione, e servendo alle malvagie e indomite passioni, tramano nel loro cuore qualsiasi nefandezza.

In così grave frangente ognuno può vedere che tutte le nostre speranze devono essere poste in Dio, nostra salvezza, e che si devono rivolgere a Lui fervide e continue preghiere, affinché, effondendo su tutti i popoli le ricchezze della sua misericordia e illuminando le menti di tutti col lume della sua celeste grazia, si degni ricondurre gli erranti sulla via della giustizia e convertire a Sé le volontà ribelli dei suoi nemici, infondendo in tutti l’amore e il timore del suo Santo Nome, e donando lo spirito di pensare e agire sempre cercando tutto ciò che è buono, tutto ciò che è vero, tutto ciò che è pudico, tutto ciò che è giusto e santo.

Poi non desistiamo di pregare e supplicare il Signore, incessantemente e umilmente, tutti animati da ferma speranza, da sincera fede e ardente carità, affinché liberi la Sua Chiesa santa da tutte le calamità, e ampliandola l’accresca in tutto il mondo e la esalti ogni giorno più, e purifichi il mondo da tutti gli errori, e conduca tutti gli uomini alla conquista della verità e sulla via della salvezza; allontani i flagelli della sua ira, che abbiamo meritato con i nostri peccati; comandi al vento e al mare e riporti la tranquillità e conceda a tutti la tanto sospirata pace e salvi il suo popolo e benedica la sua eredità e la diriga e la conduca ai beni celesti".

Affinché poi Dio più facilmente pieghi il suo orecchio alle nostre preghiere e ascolti le nostre suppliche, alziamo i nostri occhi e le nostre supplici mani alla santissima e immacolata Madre di Dio, la Vergine Maria, che è anche Madre nostra, della quale non c’è altro più continuo e valido aiuto e patrocinio presso Dio; anzi, come Madre nostra amantissima e nostra massima speranza, è la ragione di ogni nostra fiducia, poiché quello che Ella cerca lo trova, e non può essere delusa. Cerchiamo inoltre l’aiuto sia del Principe degli Apostoli (a cui Cristo stesso ha consegnato le chiavi del Regno dei Cieli e che ha costituito come pietra e fondamento della sua Chiesa, contro la quale mai potranno prevalere le potenze dell’inferno), sia del suo coapostolo Paolo e di tutti i Santi Patroni delle singole città e regioni e di tutti gli altri Santi, affinché il Signore elargisca a tutti copiosamente i doni della sua bontà".

Dato a Roma, presso San Pietro, il 21 novembre 1851

Tratto da QUI

martedì 15 maggio 2018

La teologia della liberazione è un'eresia

La teologia della liberazione, alla fine, ha vinto. Come il modernismo, condannato a suo tempo da Pio X, così la teologia della liberazione, benché (parzialmente) condannata da Giovani Paolo II, si è presa la rivincita più grande che potesse sognare: è divenuta il lievito di tutta la pastorale dell’attuale pontificato di Francesco; ispira tutta la liturgia e tutta la dottrina; è divenuta l’elemento centrale, senza il quale non si può nemmeno immaginare di parlare a nome della Chiesa, oggi. Ma è una vittoria legittima? E si fonda su un dato reale, oppure su un grande equivoco e su di una colossale mistificazione? La teologia della liberazione afferma l’opzione preferenziale per i poveri; non solo: essa dichiara, risolutamente, che Dio si identifica con i poveri. Benissimo; peccato che non si prenda il disturbo di spiegare e di vedere da vicino chi siano i poveri. Chi siano i poveri del Vangelo, ben s’intende, chi siano i poveri ai quali si rivolge Gesù Cristo, nelle sue azioni e nelle sue parabole e nei suoi insegnamenti; non chi sono i poveri secondo i teologi e i vescovi e i sacerdoti seguaci della teologia della liberazione. Sembrano la stessa cosa, invece sono due cose diverse: ecco il trucco. Perché se si dovesse scoprire che i poveri di cui parla Gesù non sono, o non sono esclusivamente, i poveri in senso materiale ed economico, e se si dovesse scoprire, del pari, che Egli non si è mai sognato di dire, o anche solo di pensare, come essi invece fermamente sostengono, che la povertà deve essere “sradicata” per poter affermare il regno di Dio sulla terra, anche per il non trascurabile dettaglio che Gesù ha detto e ribadito, in tutte la maniere possibili, che il suo Regno non è di questo mondo, allora tutto l’edificio dei teologi della liberazione cadrebbe, come un misero castello di carte, e verrebbe fuori la verità vera: che essi non parlano a nome del Vangelo di Gesù, quale noi lo conosciamo dalle Scritture e dalla Tradizione, bensì a nome di un vangelo (con la minuscola) tutto loro, laicista, immanentista, neomarxista, materialista, economicista e storicista; che il vangelo di cui si riempiono la bocca è una loro invenzione e che il Regno di Dio, di cui parlano incessantemente, è il paradiso dell’uguaglianza, intesa in senso politico e sociale, vale a dire esattamente il contrario di ciò che intendeva il nostro Signore Gesù Cristo.(...)


 ...è palese, cioè, il loro tentativo blasfemo di trasformare il Vangelo di Gesù, che è il Vangelo dell’amore rivolto a tutti gli uomini, in un vangelo analogo a quello di Marx, che predica la lotta di classe e quindi l’odio di classe, insomma di strumentalizzare la Parola di Gesù per farne un’arma da agitare contro le classi abbienti e ridurre la Buona Novella alla sola dimensione politico-sociale, snaturandola completamente.

Il fatto è che Gesù, quando parla dei poveri, non parla sempre e solo dei poveri in senso economico e materiale, ma anche di quell’altra povertà, non meno terribile, che è la lontananza da Dio (oppure, all’opposto, di quella povertà positiva che consiste nel farsi piccoli e umili davanti a Dio); e che non vuole affatto “sradicare” la povertà, sempre in senso economico, perché al centro del suo messaggio c’è la conversione interiore. Che, poi, la conversione interiore si traduca anche in un cambiamento nello stile di vita; che il vero seguace di Gesù impari a disprezzare le ricchezze, così come tutte le cose che possono allontanare da Dio, questo è un elemento consequenziale, ma non è il fine. Non solo. Se si pone l’accento esclusivamente sulla scelta preferenziale di Gesù per i “poveri”, si rischia di mitizzare e di idolatrare i poveri stessi, così come i ricchi mitizzano e idolatrano il denaro. Gesù non pensa che i poveri siano migliori dei ricchi solo perché hanno meno soldi; semmai, possono essere migliori perché non sono schiavi delle ricchezze (che non hanno) e quindi la loro anima è più aperta e disponibile ad accogliere la Lieta Novella.
 
Scrive monsignor Giacomo Canobbio, presidente dell’Associazione teologi italiani dal 1995 al 2003 e professore di Teologia sistematica presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, nel suo saggio Ermeneutiche latino-americane della liberazione (in: Hermeneutica, annuario di filosofia e teologia fondata da Italo Mancini, Nuova Serie, Brescia, Morcelliana Editrice, 2000, pp. 222-225):
 
"È qui che si incontra Dio, perché Egli ha mostrato di identificarsi con i poveri. Sono essi infatti il luogo privilegiato della manifestazione di Dio e insieme i portatori fondamentali della buona novella della liberazione. Chiunque voglia, pertanto, fare teologia della liberazione in modo adeguato deve “superare l’esame preliminare” dell’unione con i poveri (C. Boff, “Epistemologia”, in “Mysterium lib.”, cit., p. 108).

L’identificazione con i poveri indica l’atto con il quale Dio lega il suo destino storico con quello delle masse spogliate e umiliate, e non per un romanticismo della miseria, bensì per liberarle da essa. Si è già detto che la Teologia della liberazione nasce da un’esperienza spirituale vissuta all’interno del conflitto sociale e in solidarietà con gli assenti dalla storia. Tale esperienza ha come due poli: l’esperienza della povertà e l’esperienza della fede. La seconda conduce a scoprire nella condizione di povertà il volto di Cristo inteso come il servo sofferente, e ad accettarne la sfida. In tal senso si può dire che “la Tdl ha trovato la sua sorgente nella fede che vuole misurarsi con l’ingiustizia fatta ai poveri” (L. e C. Boff, “Come fare teologia della liberazione”; Cittadella, Assisi, 1986, p. 12s). D’altra parte, come richiamano ad ogni pie’ sospinto i teologi della liberazione, è stata l’esperienza della povertà che ha reso possibile leggere in modo nuovo la parola di Dio e la tradizione credente".
 

 
"La Teologia della liberazione nasce da un’esperienza spirituale vissuta all’interno del conflitto sociale". Certo: e proprio qui sta il male. La teologia non deve partire da un’esperienza vissuta all’interno della storia, perché, se così fosse, non troveremmo mai Dio, ma sempre e solo l’uomo, o, al massimo, l’idea che l’uomo si è fatta di Dio. Certo, i teologi della liberazione sono in buona compagnia. Gran parte della teologia del XX secolo, specialmente protestante, parte dall’assunzione di un punto di vista umano, tutto interno alla storia; e Karl Rahner con la sua svolta antropologica non ha fatto che ufficializzarlo, portando il modernismo, già scomunicato da Pio X, ai fasti del Concilio Vaticano II. Ma Rahner non è un teologo cattolico, è un teologo immanentista, modernista e irreligioso. Si dirà che il teologo, come uomo, non può che porsi all’interno della storia; vero: ma, come uomo di fede, può e deve chiedere a Dio di poter comprendere il senso soprannaturale della Rivelazione. Altrimenti, si riduce la Rivelazione a una cosa tutta umana: se ne fa, appunto, una delle tante ideologie di questo mondo, una versione vagamente religiosa della lotta di classe.
 
"È stata l’esperienza della povertà che ha reso possibile leggere in modo nuovo la parola di Dio e la tradizione credente?" Sì: ed  per questo che la teologia della liberazione è fuori dal cattolicesimo. La teologia cattolica non dovrebbe neanche sognarsi di leggere in modo “nuovo” la parola di Dio. Che cosa significa una simile espressione, se non che essa tiene a battesimo una nuova versione del Vangelo? Il che è eretico, e non c’è bisogno di spiegare perché. È come se questi signori dicessero che, per millenovecento anni, la Chiesa cattolica non ha capito il vero senso della Rivelazione; ma, per fortuna, ora sono arrivati loro, e ogni cosa va finalmente al suo posto.  Bravi, complimenti. Ma che cosa credono, che non ci fossero i poveri al tempo di Gesù? E che san Pietro, san Paolo, sant’Agostino, san Tommaso d’Aquino, i Padri della Chiesa, i teologi, i vescovi, i sacerdoti, i papi che si sono succeduti fino al Vaticano II, fino a Pio XII, non avessero occhi per vedere i poveri, non avessero orecchi per udire il loro lamento? Certo che li avevano; ma avevano capito quello che i signori della teologia della liberazione non hanno capito, né mai capiranno: che Gesù non è venuto affatto a sradicare la povertà, anzi, ha detto chiaramente che avremo sempre i poveri fra noi, mentre Lui lo abbiamo avuto per una volta sola.

"La situazione di povertà diventa luogo nel quale si legge e, finalmente, si comprende come sia Dio e si comprende cosa significhi amare Dio e il prossimo?" Niente affatto. Oltre all’assurdità di quel “finalmente”, come se nessuno avesse capito chi è Dio prima della teologia della liberazione, resta l’equivoco sul concetto di povertà: sì, per capire chi è Dio, bisogna essere poveri; ma non in senso economico, bensì in senso spirituale. Altrimenti, si cadrebbe in una doppia bestemmia: che nessun ricco capirà mai chi è Dio, e che tutti i poveri, per il solo fatto di essere poveri, lo capiscono senz’altro.

E non è affatto provato che Gesù è venuto a prendere partito per i poveri e a sradicare la loro oppressione. Niente affatto. È venuto a combattere contro il peccato e la morte, e non a guidare rivoluzioni sociali: perché la sola rivoluzione predicata da Gesù è quella dell’uomo che accetta di lasciarsi trasformare dal Vangelo......
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mercoledì 9 maggio 2018

Germania grave, Roma gravissima!

 
Una volta, all'interno della Chiesa, quando si trattava di dirimere problemi e trovare soluzioni, semplicemente ci si sottoponeva al giudizio di Roma, cioè alla Curia Romana o allo stesso Pontefice perché, sulle questioni sottoposte al giudizio, ci si aspettava una parola definitiva. In questo modo la sentenza era decisiva e la causa definitivamente chiusa. Roma locuta, causa finita!(frase estrapolata dai 'Sermones' di Sant'Agostino).
 
Purtroppo ai nostri giorni i nostri pastori ci hanno abituati a procedure ben diverse, direi diametralmente opposte. Invero, in questo tempo, che qualcuno suggerisce essere superiore allo spazio, aleggia, un'aria greve di instabilità, di tanti 'processi innescati' che in definitiva non giovano a nessuno, se non a legittimare  un terribile modus operandi, che sciolto da ogni legame di responsabilità autorevole, promuova ambiguità ed un clima di incertezza dottrinale nonché di prassi. Mi chiedo è possibile ritenere fruttuoso e normale questo modo di porsi e di guidare il gregge di Cristo? Nel particolare mi riferisco alla Conferenza Episcopale tedesca che ha votato a grande maggioranza a favore di direttive che implicano la possibilità ai protestanti sposati con cattolici, di potersi comunicare al Corpo e Sangue di Cristo nella Messa cattolica con il proprio coniuge, chiamata 'intercomunione'. Il voto però non è stato unanime, sette membri della Conferenza Episcopale Tedesca hanno votato contro queste direttive e hanno chiesto il parere di alcuni dicasteri della Curia Romana. La conseguenza è stata l'invio di una delegazione della Conferenza Episcopale Tedesca che ha parlato a Roma con una delegazione della Curia Romana, fra cui il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.QUI
 
Ebbene, la risposta del Santo Padre, data tramite il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede alla delegazione della Conferenza Tedesca, non è stata definitiva (d'altronde era prevedibile che così fosse!) ma è stato chiesto alla Conferenza di ridiscutere le bozze per tentare di raggiungere un risultato unanime, se possibile.
 
Un simile atteggiamento è completamente incomprensibile e sconcertante! L’Eucarestia è il cuore della fede cattolica, non è qualcosa su cui si possano dare interpretazioni diverse o su cui ci si possa permettere l’ambiguità, nè essa può essere materia da conferenze episcopali. E' inaudito che Roma possa restare neutrale, che Roma lasci il pilastro della Chiesa Cattolica, il Sacramento dei Sacramenti, la Santa Eucarestia, alla discussione ed alla votazione democratica, come se l'accesso a questo Divino Sacramento, per i protestanti sposati con cattolici, diventasse possibile per decisione della maggioranza!
 
La prassi della Chiesa Cattolica, non è questa! Essa è fondata sulla sua fede che è in Cristo, Via, Verità e Vita e non è determinata e non si cambia a suon di votazioni e maggioranze, nemmeno facendolo all’unanimità. Di solito sulle questioni sollevate da porporati e da laici (vedi 'I dubia' la 'Correctio filialis', Roma non ha mai parlato direttamente: uno sprezzante, indegno ed inaccettabile silenzio! Qui Roma parla, anche se a modo suo............
 
In definitiva, è già abbastanza grave che si accetti la possibilità di aprire discussioni su questioni che costituiscono il cuore della fede cattolica e su cui si sono già espressi definitivamente Concilii e Papi QUI. Ancora più grave che si ritenga possibile cambiare la Verità rivelata per alzata di mano e che vescovi e cardinali di tutto il mondo restino in silenzio davanti a questo tentativo di profanazione dell'Eucarestia. Resta gravissima la posizione di Roma. Tutto mi stupisce, scandalizza ed addolora.
 
 
A onor del vero, un porporato, il Cardinale Arcivescovo di Utrecht Willem Jacobus Eijk, ha sollevato la voce, dichiarando l'impossibilità di una tale evenienza, in quanto esistono differenze sull'Eucarestia sostanziali per cui 'il protestante non vive in piena comunione con la Chiesa Cattolica e, perciò, non condivide esplicitamente la fede nell’Eucaristia' QUI.
 
Le motivazioni del Cardinale Eijk sono profonde e ben radicate perché suggellate dalla retta Dottrina e dalla prassi pastorale (Codice di Diritto Canonico, Catechismo della Chiesa Cattolica, Disciplina dei Sacramenti).  E' mai possibile che Pietro, le ignori ed anche di proposito? Non posso, non voglio e non debbo, in questa materia, dare a Pietro il beneficio del dubbio! Impossibile invocare la buona fede! Impossibile!
 
Termino con le parole del Cardinale Eijk:
 
Ciò che dicono il Codice di Diritto Canonico e il Catechismo della Chiesa Cattolica sarebbero dovuti essere la reazione del Santo Padre, che, come successore di San Pietro, è “il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei Vescovi sia della moltitudine dei fedeli (Lumen Gentium no 23). Il Santo Padre avrebbe dovuto dare alla delegazione della Conferenza Episcopale tedesca delle direttive chiare, basate sulla retta dottrina e sulla prassi della Chiesa.
 
Così avrebbe dovuto rispondere anche alla donna luterana che gli chiese il 15 novembre 2015 se potesse ricevere la comunione insieme al suo sposo cattolico: questo non è accettabile, invece di suggerire che lei poteva ricevere la comunione in base al suo essere battezzata, conformemente alla sua coscienza. Rinunciando a fare chiarezza, si crea una grande confusione fra i fedeli e si mette in pericolo l’unità della Chiesa. Lo fanno anche i cardinali che propongono pubblicamente di benedire relazioni omosessuali, il che è diametralmente opposto alla dottrina della Chiesa, fondata sulla Sacra Scrittura, e cioè che il matrimonio, secondo l’ordine della creazione, esiste solo fra un uomo e una donna.
 
Osservando che i vescovi e soprattutto il successore di Pietro mancano nel mantenere e trasmettere fedelmente e in unità il deposito della fede, contenuto nella sacra Tradizione e nella Sacra Scrittura, non posso non pensare all’articolo 675 del Catechismo della Chiesa Cattolica:
 
Prima della venuta di Cristo, la Chiesa deve passare attraverso una prova finale che scuoterà la fede di molti credenti. La persecuzione che accompagna il suo pellegrinaggio sulla terra svelerà il «mistero di iniquità» sotto la forma di una impostura religiosa che offre agli uomini una soluzione apparente ai loro problemi, al prezzo dell'apostasia dalla verità”. QUI
  

martedì 8 maggio 2018

Gaudete et Exsultate: la demagogica pietà in marcia

Non nascondo che ogni atto papale mi inquieti e mi lasci nel contempo  pensierosa, dubbiosa ed anche a volte sconcertata. La lettura dell'ultima esortazione non mi convince, anche se a tratti vi sono bei pensieri che elevano l'animo. La disamina di Ferrara rispecchia lo stato d'animo di tanti cattolici che, come me, si sentono perplessi, avviliti e nel peggiore dei casi, rimproverati dalle parole del supremo pastore.
 
(Christopher A. Ferrara, Una Vox – 8 aprile 2018) Gaudete et Exsultate è esattamente quello che ci si aspetta da questo pontificato tristemente prevedibile. Per citare Carl Olsen del Catholic World Report: “molte buone qualità e passaggi sostanziali.... spsso oscurati, o persino indeboliti, dagli uomini di paglia, argomenti discutibili e colpi bassi”.
Le dichiarazioni bergogliane in generale sono precisamente veicoli per la consegna di uomini di paglia, argomenti discutibili e colpi bassi, tutti invariabilmente diretti contro l’ortodossia e l’ortoprassi. Le espressioni di pietà sono avvolte in una grossolana demagogia ecclesiastica, un guanto di velluto sul pugno chiuso dell’umiltà militante così tipica del gergo zotico dei chierici della sinistra latinoamericana.
L’appello del documento ad una relazione vivente con Dio animata dalla carità è smentita dalla ripetuta discesa nella caricatura poco caritatevole e nella vera e propria calunnia di quei membri tra i fedeli che Bergoglio percepisce come ostacoli ai suoi disegni maniacali.

Di seguito alcuni esempii dell’invettiva avvolta nei pii passaggi presente nel documento:
1) Gli ordini contemplativi appartati dal mondo sono malsani:
«(26) Non è sano amare il silenzio ed evitare l’incontro con l’altro, desiderare il riposo e respingere l’attività, ricercare la preghiera e sottovalutare il servizio. Tutto può essere accettato e integrato come parte della propria esistenza in questo mondo, ed entra a far parte del cammino di santificazione. Siamo chiamati a vivere la contemplazione anche in mezzo all’azione, e ci santifichiamo nell’esercizio responsabile e generoso della nostra missione.»
2) La Chiesa non ha tutte le risposte e non dovrebbe dire alla gente come vivere (a meno che a dirlo non sia Bergoglio):
« (41) Quando qualcuno ha risposte per tutte le domande, dimostra di trovarsi su una strada non buona ed è possibile che sia un falso profeta, che usa la religione a proprio vantaggio, al servizio delle proprie elucubrazioni psicologiche e mentali. (43) Perciò non possiamo pretendere che il nostro modo di intenderla ci autorizzi a esercitare un controllo stretto sulla vita degli altri.»
3) La dottrina cattolica è soggetta a diverse interpretazioni a seconda delle circostanze:
« (43) Voglio ricordare che nella Chiesa convivono legittimamente modi diversi di interpretare molti aspetti della dottrina e della vita cristiana che, nella loro varietà, “aiutano ad esplicitare meglio il ricchissimo tesoro della Parola”»
5) Il forte attaccamento alla dottrina e alla disciplina cattoliche è pelagianesimo:
«(49) Quelli che rispondono a questa mentalità pelagiana o semipelagiana, benché parlino della grazia di Dio con discorsi edulcorati, “in definitiva fanno affidamento unicamente sulle proprie forze e si sentono superiori agli altri perché osservano determinate norme o perché sono irremovibilmente fedeli ad un certo stile cattolico” [del passato]»
6) Coloro che resistono al cambiamento – cioè, a qualunque cosa voglia Francesco – hanno ceduto alle forze del male:
«(168) Questo risulta particolarmente importante quando compare una novità nella propria vita, e dunque bisogna discernere se sia il vino nuovo che viene da Dio o una novità ingannatrice dello spirito del mondo o dello spirito del diavolo. In altre occasioni succede il contrario, perché le forze del male ci inducono a non cambiare, a lasciare le cose come stanno, a scegliere l’immobilismo e la rigidità…»
7) Coloro che dicono che tutte le cose sono possibili con la grazia sono veramente pelagiani:
«(49) Quando alcuni di loro si rivolgono ai deboli dicendo che con la grazia di Dio tutto è possibile, in fondo sono soliti trasmettere l’idea che tutto si può fare con la volontà umana, come se essa fosse qualcosa di puro, perfetto, onnipotente, a cui si aggiunge la grazia.»
8) Anche con l’aiuto della grazia è impossibile per i “deboli” mantenere la legge morale dati i loro limiti “concreti”; solo un progresso graduale è possibile (esaltando così la fragilità della volontà umana a fronte della grazia proprio nel modo pelagiano che Francesco condanna):
« (49) Si pretende [da parte degli immaginari cattolici pelagiani] di ignorare che “non tutti possono tutto” e che in questa vita le fragilità umane non sono guarite completamente e una volta per tutte dalla grazia.»
« (50) La grazia, proprio perché suppone la nostra natura, non ci rende di colpo superuomini. Pretenderlo sarebbe confidare troppo in noi stessi. In questo caso, dietro l’ortodossia, i nostri atteggiamenti possono non corrispondere a quello che affermiamo sulla necessità della grazia, e nei fatti finiamo per fidarci poco di essa.
«Infatti, se non riconosciamo la nostra realtà concreta e limitata, neppure potremo vedere i passi reali e possibili che il Signore ci chiede in ogni momento, dopo averci attratti e resi idonei col suo dono. La grazia agisce storicamente e, ordinariamente, ci prende e ci trasforma in modo progressivo.»
9) L’attaccamento alla dottrina e alla disciplina cattoliche è un’aridità pelagiana che rifiuta “lo Spirito”:
«57. Ci sono ancora dei cristiani che si impegnano nel seguire un’altra strada: quella della giustificazione mediante le proprie forze, quella dell’adorazione della volontà umana e della propria capacità, che si traduce in un autocompiacimento egocentrico ed elitario privo del vero amore. Si manifesta in molti atteggiamenti apparentemente diversi tra loro: l’ossessione per la legge, il fascino di esibire conquiste sociali e politiche, l’ostentazione nella cura della liturgia, della dottrina e del prestigio della Chiesa.....
«In questo alcuni cristiani spendono le loro energie e il loro tempo, invece di lasciarsi condurre dallo Spirito sulla via dell’amore, invece di appassionarsi per comunicare la bellezza e la gioia del Vangelo e di cercare i lontani nelle immense moltitudini assetate di Cristo.»
10) I cattolici osservanti sono pelagiani senza cuore, curatori di un museo religioso che rigetta “lo Spirito”:
« (58) Molte volte, contro l’impulso dello Spirito, la vita della Chiesa si trasforma in un pezzo da museo o in un possesso di pochi. Questo accade quando alcuni gruppi cristiani danno eccessiva importanza all’osservanza di determinate norme proprie, di costumi o stili. In questo modo, spesso si riduce e si reprime il Vangelo, togliendogli la sua affascinante semplicità e il suo sapore. E’ forse una forma sottile di pelagianesimo, perché sembra sottomettere la vita della grazia a certe strutture umane. Questo riguarda gruppi, movimenti e comunità, ed è ciò che spiega perché tante volte iniziano con un’intensa vita nello Spirito, ma poi finiscono fossilizzati... o corrotti.»
11) I tentativi di limitare la migrazione musulmana di massa (principalmente maschi di età militare) sono moralmente equivalenti all’uccisione nel grembo materno:
« (101) La difesa dell’innocente che non è nato, per esempio, deve essere chiara, ferma e appassionata, perché lì è in gioco la dignità della vita umana, sempre sacra, e lo esige l’amore per ogni persona al di là del suo sviluppo.
« (102) Spesso si sente dire che, di fronte al relativismo e ai limiti del mondo attuale, sarebbe un tema marginale, per esempio, la situazione dei migranti. Alcuni cattolici affermano che è un tema secondario rispetto ai temi “seri” della bioetica. Che dica cose simili un politico preoccupato per i suoi successi si può comprendere, ma non un cristiano, a cui si addice solo l’atteggiamento di mettersi nei panni di quel fratello che rischia la vita per dare un futuro ai suoi figli. »
12) Qualsiasi opposizione pubblica da parte dei fedeli ai disegni bergogliani è diffamazione ispirata dal diavolo (la cui dimora non è chiara, viste le interviste con Scalfari):
« (115) Anche i cristiani possono partecipare a reti di violenza verbale mediante internet e i diversi ambiti o spazi di interscambio digitale. Persino nei media cattolici si possono eccedere i limiti, si tollerano la diffamazione e la calunnia, e sembrano esclusi ogni etica e ogni rispetto per il buon nome altrui.
«E’ significativo che a volte, pretendendo di difendere altri comandamenti, si passi sopra [da parte dei difensori dell’ortodossia che si oppongono a Bergoglio] completamente all’ottavo: “Non dire falsa testimonianza”, e si distrugga l’immagine altrui senza pietà. Lì si manifesta senza alcun controllo che la lingua è «il mondo del male» e «incendia tutta la nostra vita, traendo la sua fiamma dalla Geenna” (Gc 3,6)».
13) I difensori dell’ortodossia sono giudici senza cuore che guardano dall’alto in basso gli altri (dice Bergoglio che costantemente giudica e guarda gli altri dall’alto in basso):
«(117) Non ci fa bene guardare dall’alto in basso, assumere il ruolo di giudici spietati, considerare gli altri come indegni e pretendere continuamente di dare lezioni.»
14) Dio esige che accettiamo il “magistero odierno” di Bergoglio e guardiamo al Vangelo sotto una nuova luce piuttosto che seguire semplicemente ciò che la Chiesa ha sempre insegnato (compresi tutti i Papi precedenti); tutto il resto è rigido dogmatismo:
« (134) Come il profeta Giona, sempre portiamo latente in noi la tentazione di fuggire in un luogo sicuro che può avere molti nomi:... ripetizione di schemi prefissati, dogmatismo, nostalgia, pessimismo, rifugio nelle norme.»
« (173) Non si tratta di applicare ricette o di ripetere il passato, poiché le medesime soluzioni non sono valide in tutte le circostanze e quello che era utile in un contesto può non esserlo in un altro.
«Il discernimento degli spiriti ci libera dalla rigidità, che non ha spazio davanti al perenne oggi del Risorto. Unicamente lo Spirito sa penetrare nelle pieghe più oscure della realtà e tenere conto di tutte le sue sfumature, perché emerga con altra luce la novità del Vangelo.»
Ovviamente, i media gioiscono di questo ultimo esempio di pugnalate alle spalle dei credenti cattolici. Particolarmente gradita è la dichiarazione dell’equivalenza morale tra gli omicidi di massa nel grembo materno e tentativi di limitare la migrazione di massa dei musulmani, la maggior parte dei quali sono maschi in età militare forniti di cellulari e presentati in modo ridicolo come “rifugiati indifesi”. La CNN ha esultato per questo “rimprovero agli attivisti cattolici contro l’aborto che si concentrano su questa questione escludendo tutte le altre”.
Sono tutte cose che abbiamo già sentito, più e più volte, incessantemente, negli ultimi cinque anni. A questo punto, la questione va al di là di un’analisi delle dichiarazioni bergogliane per scoprire le pillole di veleno che in esse si trovano sempre. Non è necessario continuare l’esercizio di verifica dopo aver constato che anche un cattolico come Marcello Pera può affermare che «Bergoglio è poco o per niente interessato al cristianesimo come dottrina, all’aspetto teologico”, “apparentemente le sue affermazioni sono basate sulla Scrittura, in realtà sono fortemente secolariste” e che il suo pontificato rappresenta una “rottura con la dottrina e la tradizione”.
Ora la questione sollevata dai fedeli, dal clero e dai laici, è se ci sia qualche meccanismo con cui la Chiesa possa essere liberata dalle grinfie di Bergoglio prima che infligga ad essa danni maggiori. A riguardo vediamo i commenti delle maggiori fonti di notizie cattoliche che ne hanno parlato in un convegno dal titolo «I cardinali possono dichiarare che un papa eretico “perde il suo ufficio”: storico della Chiesa». Anche il vescovo in pensione di Corpus Christi, nel Texas, René Henry Gracida , parla apertamente nel suo blog della prospettiva di un concilio imperfetto di cardinali che dichiari invalida l’elezione di Bergoglio e proceda ad un nuovo conclave.
Per cominciare, citiamo Roberto de Mattei, «Abbiamo bisogno di avere il coraggio di dire: ‘Santo Padre, tu sei il primo responsabile della confusione che esiste oggi nella Chiesa. Santo Padre, tu sei il primo responsabile delle eresie che circolano oggi nella Chiesa.’» Ma oltre a questo, il clero e i laici devono unirsi ovunque possibile per fare ciò che San Roberto Bellarmino diceva bisognava fare per affrontare lo scenario di un Papa che tenta di distruggere la Chiesa: un’ipotesi che oggi è diventata realtà:
«Com’è lecito resistere al Pontefice che aggredisce il corpo, così pure è lecito resistere a quello che aggredisce le anime o perturba l’ordine civile, o, soprattutto, a quello che tenta di distruggere la Chiesa. Dico che è lecito resistergli non facendo quello che ordina ed impedendo l’esecuzione della sua volontà....» [De Controversiis: Sul Romano Pontefice, trans. Ryan Grant (Mediatrix Press: 2015), Book II, Chapter 29, p. 303.]
Andando oltre una semplice diagnosi di “questo disastroso papato”, che tale è già stato confermato centinaia di volte, dobbiamo opporci direttamente ai suoi disegni in ogni campo d’azione che ci compete. Incredibilmente, i fedeli devono difendere la Chiesa cattolica contro un “Papa dittatore” che la distruggerà e la ricostruirà secondo la sua visione, come egli stesso ha chiarito nel suo megalomane manifesto Evangelii Gaudium:
49. Più della paura di sbagliare spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli....
27. Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione.
Possa il Buon Dio liberare la Sua Santa Chiesa dal Papa che oggi l’affligge. E possa la Beata Vergine intercedere presto per l’adempimento del piano divino per l’inevitabile restaurazione della Chiesa e il trionfo del suo Cuore Immacolato.
 
Tratto da QUI