Non può che ingenerare ancora più confusione nei fedeli il fatto che un Papa parli della legge morale – già codificata dalla Chiesa da secoli in dogmi e disposizioni canoniche – come di qualcosa di “astratto” che non si può applicare a situazioni “concrete”. Peggio ancora, parla di situazioni “concrete” che oggi sarebbero diverse da quelle di ieri, per cui sarebbe legittimo fare oggi il contrario di quello che ha prescritto il magistero solenne e ordinario della Chiesa fino a ieri.
In realtà, l’unica differenza tra ieri e oggi che può essere significativa per la pastorale è che molti fedeli hanno una coscienza obnubilata dall’ignoranza religiosa e dai vizi, e per questo non avvertono più il loro peccato come volontaria infrazione delle norme morali, oppure non riescono ad applicare correttamente la regola morale (naturale ed evangelica) alla loro personale situazione. Ma se il Papa volesse davvero assecondare con la nuova prassi del “caso per caso” l’insensibilità degli uomini del nostro tempo nei confronti del “piano d’amore di Dio”, allora avrebbero ragione coloro che hanno visto la sua Esortazione come una resa totale del Magistero all’opinione pubblica, alla secolarizzazione, alla teologia progressista che esalta il soggettivismo (quella che afferma che ogni soggetto è in buona fede, e la Chiesa deve confermarlo nella sua infondata presunzione di essere in grazia!). (Mons. Antonio Livi)
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