– Fuggì davanti ai lupi Benedetto, ma sia ben chiaro: non ne fu costretto.
– Entrò il fumo da un qualche spiraglio ed il conclave prese un abbaglio.
– Per la Sistina il fumo s’è aggirato, poscia da nero in bianco s’è mutato.
– Per ubriacare il popolo, che è branco, dopo il Martini rosso quello bianco.
– S’affaccia e con la voce sua sincera: hic optime manebo e buona sera.
– Sono un nonnulla, un uomo pio. Sono una freccia che punta ad Io.
– Che al papa piaccia Marco sono guai; che lui piaccia a Pannella è peggio assai.
– Come non disse il vescovo d’Ippona: amare e poi peccare è cosa buona.
– I meriti di Castro sono immani: ha popolato il cielo di cristiani.
– E’ una cosa la coerenza di cui un papa può far senza.
– Decideremo in tre: Bergoglio, il papa e me.
– Non mi piacciono i francescani veri: erano azzurri ed io li faccio neri.
– Son Francesco, papa ed argentino: non all’Ostia, ma al secolo mi inchino.
– E’ un centenario di tutto rispetto: prendo Lutero e la Madonna getto.
– Non date i sacramenti ai divorziati, a meno che non siano risposati.
– Grazie al papale indulto, gradino per gradino, il cattolico adulto divenne adulterino.
– Il matrimonio non si scioglie, ma si potrà cambiare moglie.
– Risponderò a quei quattro cardinali, lasciando i loro dubia tali e quali.
Tratto da 'Francescheide' di Lorenzo Stecchetti junior QUI
La tradizione a cui l’autore si richiama è quella di Pasquino, la celebre statua
dello Stato pontificio a cui nei secoli venivano appese satire e invettive
anonime contro il malcostume dei prelati romani e contro gli stessi Papi. I
sonetti romaneschi di Giuseppe Gioacchino Belli (1791-1863) si situano in questa
tradizione poetica.
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