(....) il nostro digiuno e quello dei musulmani non sono la stessa cosa. Prima di tutto, mentre per i musulmani il Ramadan ricorda la consegna del Corano al Profeta da parte di Allah, i quaranta giorni di penitenza prima della Pasqua (Quaresima) sono segno dei quaranta giorni che Gesù trascorse nel deserto, in preghiera e penitenza, prima della predicazione. E poi c’è proprio una differenza intrinseca. Lo spiega molto bene il padre Samir Khalil Samir, nell’Islam, dove c’è identità tra etica e legalità (Aldo Maria Valli)
“chi non digiuna durante il mese di Ramadan commette un delitto e va in prigione (in molti Paesi). Se osserva il digiuno previsto, dall’alba al tramonto, è perfetto, anche se dopo il tramonto mangia fino all’alba del giorno seguente, più e meglio del solito: si mangiano le cose migliori e in abbondanza, come mi dicevano alcuni amici egiziani musulmani. Sembra non esserci altro significato nel digiuno se non ubbidire alla legge stessa del digiuno. Il Ramadan diventa il periodo in cui i musulmani mangiano di più, e mangiano le cose più prelibate. L’indomani, dato che per mangiare nessuno ha dormito, nessuno lavora. Però, dal punto di vista formale, tutti hanno digiunato per alcune ore. È un’etica legalista: se fai questo, sei nel giusto. Un’etica esteriore.
Il digiuno cristiano è invece qualcosa che ha come scopo l’avvicinarsi al sacrificio di Gesù, alla solidarietà con i poveri e non c’è il momento in cui si recupera quanto uno non ha mangiato”.
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