Tolleranza: di solito, oggi, si dà a questa parola un senso elogiativo. Quando diciamo che qualcuno è “tollerante”, affermiamo implicitamente che è una persona di grande anima, cuore generoso, larghe vedute, disinteressata, comprensiva, simpatica, giudiziosa, benevola e via dicendo. Al contrario, il qualificativo di “intollerante” porta con sé una lunga scia di rimproveri: spirito grezzo, temperamento bilioso, malevolo, incline alla diffidenza, odioso, vendicativo, pieno di risentimento, ecc.
In realtà, nulla di più unilaterale. Infatti, se vi sono casi in cui la tolleranza può essere un bene, vi sono altri casi in cui è un male. E può costituire perfino un crimine. Quindi, nessuno merita plauso per il fatto di essere metodicamente tollerante, oppure intollerante, bensì per essere l’uno o l’altro secondo le circostanze.
Il problema, quindi, si sposta. Non si tratta di sapere se dobbiamo essere tolleranti o intolleranti, come norma. Si tratta, piuttosto, di chiederci quando dobbiamo essere l’uno o l’altro. Innanzitutto, va notato che vi è una situazione in cui il cattolico deve essere sempre intollerante. E questa regola non ammette eccezioni. È quando, o per compiacere qualcuno o per evitare un male maggiore, gli si chiede di commettere un peccato. Ogni peccato è un’offesa a Dio. Ed è assurdo pensare che vi siano situazioni in cui Dio possa essere virtuosamente offeso. Così, ad esempio, con il pretesto di riscuotere la loro simpatia, nessuno ha il diritto di essere tollerante nei confronti di amici che vestono in modo immorale, hanno una vita dissoluta, vantano atteggiamenti licenziosi o frivoli, difendono idee temerarie o sbagliate e via dicendo. Un altro esempio: un cattolico ha un dovere di lealtà nei confronti della filosofia scolastica. Non gli è lecito, con il pretesto di attirare la simpatia di un determinato ambiente, professare un’altra filosofia. È una forma di tolleranza inammissibile. Pecca contro la verità chi professa un sistema di pensiero nel quale sa che vi sono errori, anche se non sono direttamente contro la Fede.
In tali casi, i doveri dell’intolleranza vanno oltre. Non è sufficiente astenersi dal fare il male. Non bisogna mai approvarlo, sia per azioni sia per omissioni.
Un cattolico che, di fronte al peccato o all’errore, assume un atteggiamento di simpatia o di indifferenza, pecca contro la virtù dell’intolleranza. Questo succede, per esempio, quando assiste con un sorriso, senza restrizioni, a una conversazione o una scena immorale, o quando, in una discussione, riconosce che l’altro ha il diritto di professare qualsiasi punto di vista in tema di religione. Questo non è rispettare l’avversario, bensì acconsentire ai suoi errori e suoi peccati. Qui si sta approvando il male. E questo non è mai lecito per un cattolico.
(Plinio Corrêa de Oliveira)
Tratto da qui
A veces, se puede ser un poco comprensivos pero, sin duda, sin perder el respeto.
RispondiEliminaUn texto muy reflexivo.
Un beso grande.
Hai ragione!!!!!!
EliminaUn abrazo
Ciao Martina - Che dire dire? Quanto maggiore è la tolleranza, tanto più ci si allontana dalla verità. Vedi, le montagne di documenti vaticani. La verità è breve e dolce. Saluti.
RispondiEliminaHJ, sehr schön geschrieben!!!!!
EliminaJa, so ist es!