James Schall, padre gesuita americano, in un'intervista a 'Il Foglio' parla di alcuni aspetti cardine del viaggio di Papa Francesco negli Stati Uniti e, a cominciare dalla povertà (argomento che sta molto a cuore al Papa) spiega che «se non tutti sono poveri il merito è proprio del capitalismo, inteso come innovazione, crescita, profitto, distribuzione e produttività». Il dato inconfutabile «è che la percentuale dei poveri nel mondo è in costante calo, e questo è un aspetto che viene troppo poco riconosciuto e spiegato». E ciò che impedisce a quella parte di popolazione che ancora vive nell’indigenza di sollevarsi, «non è di certo il capitalismo, bensì certe idee politiche o religiose unite a qualche fenomeno corruttivo. Si tratta di forze che lavorano in senso contrario alla riduzione della povertà». La causa, dice Padre Schall, va cercata nelle politiche attuate dai governi degli stati moderni, in particolare quelli che adottano «certe varianti tipiche di un socialismo più o meno aperto. E il pensiero sociale cattolico raramente ha riconosciuto che i governi stessi, con la loro avidità, sono i primi ostacoli nell’aiuto dei poveri».
Schall cita sant’Agostino quando sosteneva che «sia il ricco sia il povero possono essere peccatori o virtuosi. Il ricco, insomma, non deve diventare povero per essere virtuoso, tantomeno il povero deve diventare ricco. Anche Aristotele ci viene in soccorso, dal momento che a suo giudizio la maggior parte delle persone necessita di una quantità sufficiente di beni per essere virtuosa. Ed è proprio questo ciò che la vera crescita economica cerca di realizzare. Il Papa stesso parla dei suoi amici ricchi come di uomini buoni e generosi».
«Quasi tutti riconoscono che l’avidità è un vizio, anche se probabilmente non così distruttivo quanto lo è l’invidia a lungo andare», chiosa l’interlocutore. È una sorta di rovesciamento degli schemi: «Sempre Aristotele ha chiarito che un uomo ricco non è necessariamente ingiusto perché è ricco e l’uomo povero non è virtuoso solo per il fatto di essere povero. Ognuno può salvare la sua anima nella condizione in cui si trova».
Alla domanda se a volte, sulla percezione equivoca del capitalismo, può giocare un ruolo non indifferente anche una certa “narrativa apocalittica” propria del Papa, egli risponde:
Dipende «Se si parla di “narrativa apocalittica” riguardo l’ecologia, si può dire che il Santo Padre la usa per parlare dei disastri causati dal riscaldamento della Terra.
Io però ho il sospetto – sottolinea Padre Schall – che, di fatto, queste tesi siano fondate su basi scientifiche e pratiche assai controverse.
I discorsi sulle ricorrenti ere glaciali e sulle epoche temperate sembrano essere vecchi quasi quanto vecchia è la Terra stessa. A mio giudizio, la percentuale di ogni problema ambientale provocato dall’attività umana è relativamente modesta, ed è possibile affrontare le emergenze grazie alla nostra conoscenza e tecnologia. Un po’ di riscaldamento, poi, sembra essere addirittura benefico».
Se invece si parla di «narrativa apocalittica secondo quanto scriveva Robert Hugh Benson ne 'Il Padrone del Mondo', riferimento spesso citato da Francesco, in cui è rappresentata la fine dei tempi, mi viene da usare le parole di san Paolo: “Non conosciamo né il giorno né l’ora”. Oggi – prosegue – siamo riusciti a ribaltare gran parte dei princìpi fondamentali della legge naturale nelle nostre politiche pubbliche, al punto che lo stato moderno e la cultura spesso si distinguono solo per essere in contrasto con ciò che l’insegnamento classico ha indicato. Penso sia dovere del Papa ammonire un mondo che si sta formando contro l’esplicito insegnamento della ragione e del Vangelo».
Tratto da qui
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