In altri ambienti è di
moda, quando si tocca la questione sociale, mettere anzitutto da parte la
Divinità di Gesù Cristo, e poi parlare soltanto della sua sovrana mansuetudine,
della sua compassione per tutte le miserie umane, delle sue pressanti
esortazioni all’amore del prossimo e alla fraternità.
Certo, Gesù ci ha amati
di un amore immenso, infinito, ed è venuto sulla terra a soffrire e a morire
affinché, riuniti attorno a Lui nella giustizia e nell’amore, animati dai
medesimi sentimenti di carità reciproca, tutti gli uomini vivano nella pace e
nella felicità.
Ma, per la realizzazione di questa felicità temporale ed
eterna, Egli ha posto, con un’autorità sovrana, la condizione che si faccia
parte del suo gregge, che si accetti la sua dottrina, che si pratichi la virtù
e che ci si lasci ammaestrare e guidare da Pietro e dai suoi successori.
Inoltre, se Gesù è stato buono con gli smarriti e con i peccatori, non ha
rispettato le loro convinzioni erronee, per quanto sincere sembrassero; li ha
tutti amati per istruirli, per convertirli e per salvarli.
Se ha chiamato a Sé,
per consolarli, quanti piangono e soffrono, non è stato per predicare loro
l’invidia di un’uguaglianza chimerica.
Se ha sollevato gli umili, non è stato
per ispirare loro il sentimento di una dignità indipendente e ribelle
all’ubbidienza.
Se il suo Cuore traboccava di mansuetudine per le anime di
buona volontà, ha saputo ugualmente armarsi di una santa indignazione contro i
profanatori della casa di Dio, contro i miserabili che scandalizzano i piccoli,
contro le autorità che opprimono il popolo sotto il carico di pesanti fardelli,
senza muovere un dito per sollevarli.
Egli è stato tanto forte quanto dolce; ha
rimproverato, minacciato, castigato, sapendo e insegnandoci che spesso il
timore è l’inizio della saggezza e che a volte conviene tagliare un membro per
salvare il corpo.
Infine, non ha annunciato per la società futura il regno di
una felicità ideale, da cui sarebbe bandita la sofferenza; ma, con le sue
lezioni e i suoi esempi, ha tracciato il cammino della felicità possibile sulla
terra e della felicità perfetta in Cielo: la via regale della Croce.
Sono
insegnamenti che si avrebbe torto ad applicare soltanto alla vita individuale
in vista della salvezza eterna; sono insegnamenti eminentemente sociali e ci
mostrano in Nostro Signore Gesù Cristo una realtà ben diversa da un
umanitarismo senza consistenza e senz’autorità.
Sua Santità San Pio X
Lettera apostolica 'Notre charge apostolique'
del 25 agosto 1910
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