La mia Terra di Mezzo

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venerdì 18 ottobre 2019

Come decadde la civiltà cristiana /4

3) Comunismo

Nel protestantesimo erano nate alcune sette che, trasponendo direttamente le loro tendenze religiose nel campo politico, avevano preparato l'avvento dello spirito repubblicano. S. Francesco di Sales, nel secolo XVII, mise in guardia il duca di Savoia contro queste tendenze repubblicane (Sainte -Beuve, Etudes des lundis -XVIIème siècle- Saint Francois de Sales, Librairie Garnier, Parigi 1928, pag. 364). Altre sette, spingendosi più avanti, adottarono principi che, se non si possono chiamare comunisti in tutto il senso odierno del termine, sono perlomeno pre-comunisti.

Dalla Rivoluzione Francese nacque il movimento comunista di Babeuf. E più tardi, dallo spirito sempre più attivo della Rivoluzione, sorsero le scuole del comunismo utopistico del secolo XIX e il comunismo detto scientifico di Marx". ("RCR" del prof. Plinio Correa de Oliveira, Parte I, cap. III, 5D)

La Rivoluzione Francese, apparentemente chiusa con l'instaurazione dell'Impero, si propagò per tutta Europa negli zaini dei soldati di Napoleone. Le guerre e rivoluzioni che segnarono il periodo dal 1814 al 1918, furono un insieme di convulsioni nel corso delle quali tutta l'Europa si trasformò secondo lo spirito della Rivoluzione Francese.
La tesi ugualitaria si espresse nella Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo - magna carta della Rivoluzione Francese e dell'era storica da questa inaugurata - in tutta la sua nudità: "Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti". E' chiaro che questo principio è suscettibile di una interpretazione 'pro bono'. Ma il testo della famosa Dichiarazione era per lo più generico: affermava l'uguaglianza e la libertà senza menzionare alcuna restrizione. Esso propiziava una interpretazione larga e sfavorevole: una uguaglianza e una libertà assolute e totali (questo problema è trattato più a fondo in "RCR" Parte I, cap. VII, 3: gli uomini sono uguali per natura, e diversi solo nei loro elementi accidentali). Ben inteso, è questa interpretazione quella che corrispondeva allo spirito della Rivoluzione nascente. Lungo il suo corso, essa andò scaricando tutti i suoi partigiani che non concordassero con questo spirito. La caccia ai nobili e ai chierici fu seguita dalla caccia ai borghesi. Doveva rimanere solo il lavoratore manuale.
Finito il Terrore, la borghesia, desiderosa di eliminare in tutta l'Europa le antiche classi privilegiate, continuò ad affermare gli "immortali principi" del 1789. Essa lo faceva in modo ambiguo ed imprudente, non temendo di suscitare nelle masse popolari la tendenza all'uguaglianza e alla libertà complete, al fine di ottenere il loro appoggio nella lotta contro la monarchia, l'aristocrazia ed il clero. Questa imprudenza facilitò in larga misura lo sbocciare del movimento che avrebbe messo in scacco il potere della borghesia. Se tutti gli uomini sono liberi e uguali, con che diritto esistono i ricchi? Con che diritto i figli ereditano, senza lavorare, i beni dei loro padri?

Già prima che l'industrializzazione formasse le grandi concentrazioni di proletari sottonutriti, il comunismo utopistico proclamava essere una illusione la mera uguaglianza politica istituita dalla borghesia, ed esigeva l'uguaglianza sociale ed economica assoluta. L'anarchismo, che sognava una società senza autorità, si propagava. Questi principi radicali minarono dopo poco la mentalità di numerosi monarchi, di potestà e nobiltà civili ed ecclesiastiche, ed istillarono in larghissime fasce di beneficiari dell'ordine allora vigente una certa simpatia per la "generosità" degli ideali libertari e ugualitari, così come una "cattiva coscienza" quanto alla legittimità dei poteri di cui si trovavano investiti. I leaders marxisti conoscono, in misura maggiore o minore, le idee di Marx, ma la base comunista generalmente non ne conosce la dottrina. Quello che la spinge a radunarsi attorno ai suoi capi sono vaghe idee di uguaglianza e giustizia, diffuse dal socialismo utopistico. Se i marxisti incontrano fuori dal loro ambiente, in certe zone dell'opinione pubblica, un'aura di simpatia, lo devono ancora all'irradiazione universale di principi ugualitari della Rivoluzione Francese e al sentimentalismo romantico del socialismo utopistico.
"E cosa vi può essere di più logico? Il deismo dà come frutto normale l'ateismo. La sensualità, in rivolta contro i fragili ostacoli del divorzio, tende di per sè stessa al libero amore. L'orgoglio, nemico di ogni superiorità, attaccherà necessariamente l'ultima disuguaglianza, cioè quella economica. E così, ebbro del sogno di una Repubblica Universale, della soppressione di ogni autorità ecclesiastica e civile, dell'abolizione di qualsiasi Chiesa e, dopo una dittatura operaia di transizione, anche dello stesso Stato, ecco ora il neobarbaro del secolo XX, il più recente e più avanzato prodotto del processo rivoluzionario". ("RCR", del prof. Plinio Correa de Oliveira, Parte I, cap. III, 5D).
 
Conferme dai documenti del Magistero Ecclesiastico.

Oltre alla solida dimostrazione storica, fino ad oggi non confutata da alcuno, la teoria delle tre rivoluzioni trova fondamento in numerosi documenti del Magistero della Chiesa, di cui ne citiamo alcuni emblematici a diverso titolo.

A proposito dell'esecuzione di Luigi XVI, nel 1793, Papa Pio VI diresse una allocuzione al Concistoro nella quale mostra il vero carattere della Rivoluzione Francese. Egli afferma che Luigi XVI fu assassinato in odio alla fede, da una cospirazione preparata da calvinisti alleati ai filosofi atei del secolo XVIII. Ciò dimostra il legame esistente fra protestantesimo e Rivoluzione Francese. Entrambi avevano lo stesso obiettivo finale e lo stesso spirito.
Papa Leone XIII, nella Lettera Apostolica "Pervenuti all'anno vigesimo quinto", dimostra
 splendidamente come il libero esame protestante aprì la strada al filosofismo del sec. XVII e questi, a sua volta, preparò l'ateismo moderno.
Papa Pio XII espone il legame esistente tra le tre tappe della Rivoluzione in numerosi documenti, e, in modo particolarmente efficace, sia dal punto di vista teologico che da quello sociale, nel discorso "Nel contemplare" del 12/10/1952.

Durante il Concilio Vaticano II, fu presentata una petizione, firmata da 213 Vescovi, che chiedeva la condanna del comunismo. In questa petizione si affermava che gli errori comunisti hanno la loro origine nei principi della Rivoluzione Francese. L'importanza di questo documento sta nel fatto che quei Vescovi avevano sottoscritto questa affermazione.
 
 

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